Cristo sul Monte degli Ulivi è l'unico lavoro dedicato da Ludwig van Beethoven a un genere musicale ormai in declino, l'oratorio. Il fatto, singolare, attira sempre l'attenzione; ma quasi mai ci si domanda perché il compositore tedesco abbia voluto cimentarsi in un campo segnato da una parabola discendente.
C'è in effetti qualcosa di davvero atipico e originale in questa partitura, nata nel 1803 ma affidata definitivamente alle stampe solo nel 1811 (come op. 85). Oltre all'inconfondibile impronta geniale del suo autore, è il particolare taglio prospettico a destare innanzitutto stupore: un'angolazione narrativa che si concentra in modo assoluto sull'intima dimensione umana del Redentore. Si tratta di un viaggio introspettivo alla scoperta del Gesù uomo, dei suoi sentimenti e di una sofferenza che è principalmente interiore e non ancora fisica; per questo Beethoven, trascurando del tutto le vicende della Passione, si concentra unicamente sui drammatici e misteriosi eventi accaduti nell'orto dei Getsèmani, in cui Cristo sembra rimasto in completa solitudine di fronte al proprio destino.
A capo del Rundfunkchor e della Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, l'intelligente interpretazione offerta dal direttore Kent Nagano restituisce in toto il portato simbolico del capolavoro beethoveniano (cd pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale), aiutata in questo dal decisivo apporto offerto da una prestigiosa compagnia di cantanti solisti: il tenore Plácido Domingo (un Cristo appassionato e di straordinario carisma), il soprano Luba Organasova (un Angelo di grande carattere) e il basso Andreas Schmidt (stentoreo Pietro). Una lettura condotta seguendo passo dopo passo quella sorta di cammino iniziatico che attraversa la partitura, dalle tenebre alla luce: un percorso che diviene ancor più chiaro all'interno delle due grandi sezioni dell'opera, che vedono dapprima Gesù ritirarsi in preghiera sul Monte degli Ulivi - e qui Beethoven carica di vibrante attesa e trepidazione l'imminente sacrificio - e poi aprirsi la scena teatrale dell'arresto, con l'opposizione tra soldati e discepoli, fino al glorioso affresco finale con il premonitore canto di giubilo degli angeli. E l'amaro calice di morte si tramuta così in certezza di resurrezione.
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