La città più fedele al calcio è Napoli. Quando la sua squadra gioca nello stadio di casa, il San Paolo, vince con una continuità che sfugge a ogni analisi tecnica. Mercoledì sera il Napoli ha sconfitto l'ambiziosa Fiorentina come in precedenza aveva già fatto con la Juventus, il Livorno, il Parma, l'Udinese, l'Inter: sei vittorie giocando sempre in notturna.
La straordinaria sequenza suggerisce, cercandone spiegazioni, una valenza teatrale che è tipica di questa città e di questa gente: lo stadio di Fuorigrotta è davvero un teatro con un pubblico straordinario (la media è di cinquantamila spettatori, quanti ne fanno gli altri stadi insieme salvo eventi speciali) e partecipe: i canti, i suoni, i gesti sono frutto di una regia che potrebbe essere abile - come si dice - o spontanea, come credo.
La squadra amata è costantemente sostenuta da invocazioni e applausi, la squadra avversaria quando tocca palla è sommersa correttamente di fischi, proprio come un pubblico altrettanto esperto, quello del Teatro Regio di Parma, fa con il tenore che stecca.
In caso di vittorie particolarmente significative, nel "momento culminante del finale travolgente" la folla si mette a cantare il ritornello di 'O surdato 'nammurato di un Califano del 1915: "Oje vita, oje vita mia, oje core 'e chistu core... Sì stata 'o primmo ammore... e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!".
È un canto rituale, in passato dedicato a Diego Armando Maradona, che l'altra sera è stato dedicato in un clima di grande emozione ad un altro piccolo grande argentino. Ezechiele Lavezzi detto el Pocho, già garzone di idraulico e oggi idolo di una città che di idoli ha bisogno per dimenticare ciò che la sta avvelenando, morificando, distruggendo: a munnezza.
Ho riportato il canto di Fuorigrotta, non per esibire le mie conoscenze musicali, ma per sottolineare come quei versi valgano molto di più di un audace modulo di gioco. Il quattrotrétré (quello col tridente) non avrebbe mai dato ali - come si dice - ai piedi dei napoletani quanto gliene dà d'abitudine il sostegno cantato dei suoi tifosi: ne fa prova il fatto che il divieto di seguire la squadra in trasferta, deciso dalle autorità competenti, priva il Napoli di passione e vittorie.
Un anno fa, battendosi per risalire dalla serie B, Reja e i suoi ragazzi vincevano in trasferta sostenuti da migliaia di tifosi-da-viaggio. Alle luce di quanto sopra - vorrei verbalizzare - ribadisco il mio sereno distacco dalle formule tattiche e dalle elucubrazioni pseudoscientifiche, nonché la mia sviscerata passione per un gioco tanto fascinoso quanto misterioso. Altrimenti, alla mia età, come potrei divertirmi ancora a prenderlo sul serio?
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