L'analisi dei risultati elettorali in Italia è stata presente, nei primi giorni di questa settimana, anche nell'infosfera ecclesiale, compresa quella che parla altre lingue. Tra le varie voci ne riprendo tre, assai diverse tra loro ma anche da tante letture provenienti dall'interno del nostro Paese: a conferma di quanto il punto di vista dal quale ci si pone influisce sullo sguardo che viene portato.
Jesús Bastante, caporedattore di "Religión Digital" ( bit.ly/3DXKorl ), analizza il risultato elettorale italiano sulla base di un confronto tra la linea di Giorgia Meloni e gli atteggiamenti di papa Francesco. Citando soprattutto il discorso tenuto dall'esponente italiana lo scorso giugno all'omologo movimento spagnolo Vox, Bastante ritiene che solo la parola "fratelli" (presente tanto nel nome del partito italiano quanto nell'ultima enciclica papale) e la sua «apparente confessione di fede» uniscano Meloni a Francesco, «papa straniero, difensore degli immigrati», che «dialoga con musulmani, atei e omosessuali». Anche John Allen, vaticanista statunitense che ha lavorato a lungo in Italia, sul suo "Crux" ( bit.ly/3rgXVmg ) guarda le elezioni italiane in riferimento al Papa, ma per sostenere un'affinità. A suo dire alcuni aspetti del Movimento 5 Stelle, dal profilo movimentista all'introduzione del "reddito di cittadinanza", sono accostabili al Papa «delle periferie, che in Italia sono il Sud». Porta a sostegno dell'ipotesi alcuni dati sulla percentuale di cattolici praticanti tra gli elettori M5s e non esclude che tale partito sia o possa diventare «l'unico plausibile depositario di qualcosa di simile a un'agenda di papa Francesco». Il quotidiano francese "La Croix" ( bit.ly/3xYT1OM ), infine, dà la parola al professor Olivier Roy, sociologo che insegna a Firenze, il quale analizza il successo elettorale di Meloni guardando non a Francesco ma alle Chiese in Europa e a come si rapportano ai rispettivi populismi. A suo parere, «Giorgia Meloni si dice cattolica ma», diversamente da Salvini, «non propone il cristianesimo», e quindi non sottrae alla Chiesa «la parola magisteriale su ciò che significa essere cattolici». Il che, nel particolare contesto italiano, potrebbe secondo Roy aiutare il dialogo con «i vescovi e le personalità cattoliche».
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