martedì 6 dicembre 2022
La malinconia nazionale declinante nella depressione di cui scrive il Censis nel suo 56° Rapporto pare riguardi anche lo stesso Censis. Il 3/12 “Repubblica”, “Domani”, “Verità” lo ignorano del tutto (ma “Repubblica” recupera il giorno dopo). Il “Corriere” lo relega in un colonnino di spalla, firmato da Alessandra Arachi, titolo: «”Post-populista e malinconica”. Ecco l’Italia vista dal Censis». Il “Manifesto” affida il Rapporto a una vignetta malinconicissima di Maramotti: «“Una società che vive sempre di più nell’incertezza...”. “Sono indeciso se mangiare o pagare le bollette”», dialogo dal doppio senso surreale: l’alternativa è tra mangiare o pagare, oppure tra bollette da pagare o da mangiare? Qui (stavolta dobbiamo citarci per forza) il Rapporto va in apertura. La più generosa è la “Stampa” con una pagina intera di Paolo Baroni, «L’Italia malinconica», e il commento di Diego De Silva dal titolo «Se la malinconia si prende l’Italia»: «La malinconia, in quest’accezione sociologica, farebbe un po’ le veci della depressione. Uno stato di rassegnazione al peggio, all’idea che le cose non potranno che andar male o, a tutto concedere, mantenersi in una condizione d’infelice intollerabilità, che appassisce il senso della vita, spegne il sorriso, demotiva il gesto, inibisce l’iniziativa e sopprime la speranza». Il 4/12 sulla “Repubblica” interviene Concita De Gregorio (titolo: «La stagione della risacca») con una riflessione non molto diversa, in cui spiccano espressioni come «una specie di desolazione definitiva», «non interessa più quasi niente» e «si vince e si perde in recinti sempre più stretti». Un coro unanime? No. Spicca nell’italico Desolation row (il “Vicolo della desolazione”, cantato da Dylan e. poi, dal duo De André-De Gregori), l’irridente prosa di Marco Palombi sul “Fatto” (3/12): «Il Rapporto è una perfetta miscela statistica e sociologica di decine di conversazioni udite mentre si ordina un caffè leggendo pazientemente i meglio editorialisti del Paese dei diminutivi, fondato com’è sul lavoretto e la libertà di pensierino». Un ricercatore del Censis potrebbe replicare che si tratta di un articoletto scritto con la puzzetta sotto il nasino... Meglio lasciare l’ultima parola a Bob Dylan: «E l’unico suono che rimane / dopo che le ambulanze se ne sono andate / è Cenerentola che spazza la strada / nel vicolo della desolazione». © riproduzione riservata
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