L'inganno influencer Il 45% non è umano
venerdì 30 aprile 2021
Un sondaggio che arriva dall'Inghilterra sostiene che il 28% dei ragazzi sogna di fare l'influencer. Cioè di fare soldi sui social pubblicizzando oggetti, luoghi, alberghi, ristoranti e vestiti, convincendo altre persone a spendere per averli.
Anche in Italia probabilmente la percentuale è molto simile a quella inglese. Ciò che nessuno dice ai ragazzi, inglesi o italiani che siano, è che diventare influencer è un lavoro. E persino faticoso. Tanti invece pensano che sia un divertimento molto ben pagato e basta. Di più: che sia una splendida scorciatoia digitale per avere facilmente successo e fare soldi a palate. Forse un tempo per qualcuno è stato davvero così, ma in futuro sarà sempre meno facile diventare ricchi e famosi sui social. Più cresce il mercato del cosiddetto “influencer marketing” (è la pratica che consiste nel pagare un influencer per fare pubblicità a un prodotto) e più vengono affinati i sistemi di controllo che ne certificano il valore reale e che smascherano i bugiardi. Per capire meglio la portata del mercato, ecco alcuni dati: Zara, per esempio, nel 2020 ha usato per farsi pubblicità oltre 42mila influencer, mentre il suo concorrente Shein 30.800 circa. Se la Nike ha arruolato 42.300 influencer, Spotify ha fatto di più: ne ha usati 46 mila 994. Più di Netflix (38.244) e Amazon (32.836). Secondo l'ultimo rapporto di HypeAuditor, solo su Instagram (che ha più di 1 miliardo di iscritti), nonostante la pandemia, nel 2020 il mercato degli influencer è stato pari a poco più di 5 miliardi di dollari. E per questo 2021 si prevede che crescerà del 15% arrivando a toccare quota 5,8 miliardi di dollari.
A rendere così interessante Instagram per il mercato degli influencer ci sono due fattori. Il primo è che il social delle immagini (delle emozioni, della forma sul contenuto). Il secondo motivo è che l'80,9% degli utenti di Instagram ha meno di 34 anni. E ben il 43% ha un'età tra i 25 e i 34 anni. Il 31% ha tra i 18 e i 24 anni, mentre l'8% è rappresentato dalla fascia 13-17 anni.
I temi più gettonati sono quelli della moda, del divertimento, della bellezza e dei viaggi, seguiti a ruota da musica e fotografia. Al quinto posto nella classifica delle categorie più gettonate dagli influencer c'è la famiglia. Penserete: la famiglia? Sì, sempre più spesso le famiglie giovani amano raccontare la loro vita quotidiana sui social. E grazie a questo diventano un veicolo per far passare messaggi pubblicitari per prodotti che vanno dalle pappe dei figli agli oggetti per la casa.
A ben vedere, però, il dato più interessante di questa ricerca è un altro. E cioè che oltre 50% degli influencer nel 2020 è rimasto coinvolto in una qualche forma di frode e falsificazione. Come spiega Pierluca Santoro di DataMediaHub, “le tattiche più comuni utilizzate includevano l'acquisto di follower, like e commenti e l'acquisto di visualizzazioni di storie. Nonché la pratica di creare gruppi di utenti di Instagram che si riuniscono per interagire tra loro con i post dei membri del gruppo così da far credere di avere più successo di quello che hanno”.
I maggiori colpevoli delle frodi sono i cosiddetti mega-influencer di Instagram (cioè quelli con più di un milione di follower). “Due terzi di questi account sono stati coinvolti in qualche forma di attività fraudolenta».
Il rapporto di HyperAuditor squarcia il velo anche su un vero e proprio scandalo: «Solo il 55% degli account Instagram è gestito da persone reali».
Nel rapporto c'è anche un piccolo dato positivo: rispetto al 2019 la percentuale di attività truffaldine degli influencer è diminuita dell'8%.
Conclude Santoro: «L'influencer marketing de noantri cresce, e prospera, perché le aziende sono ancora alla ricerca di volume e non di valore. Dimenticando che popolarità ed influenza sono due concetti che talvolta possono essere anche molto distanti tra loro».
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