In molti li consideravano finiti, in via di estinzione per "cessate esigenze storiche", sotto i colpi della strategia di disintermediazione del rapporto Governo-cittadino perseguita ieri dal Governo Renzi e oggi dal Governo Salvini-Di Maio. Dopo decenni di sostanziale co-gestione della cosa pubblica, il destino dei corpi intermedi sembrava segnato. Poi, improvvisa, la "rinascita".
A segnare la svolta una sequenza serrata e significativa di eventi. Tutto ha origine dall'efficace iniziativa del 3 dicembre a Torino della Confindustria di Enzo Boccia, partita in solitudine e successivamente capace di aggregare sul "sì" alla TAV e alle infrastrutture strategiche altre undici associazioni d'impresa, cui fa seguito il primo invito ufficiale per un (lungo) caffè da parte del Vice Premier Matteo Salvini. Che per la gioia di Lucia Annunziata, nel suo Mezz'ora in più, rivela: «Io ho bisogno di incontrare i corpi intermedi, serve l'ascolto». Poi il 9 dicembre la sorprendente riapertura da parte del premier Conte, per il suo primo incontro ufficiale con i sindacati, della mitica Sala Verde di Palazzo Chigi. Si tratta del luogo-simbolo della concertazione con le parti sociali: l'unica sala che può vantare pareti "arredate" con le foto di tutti gli ex presidenti del Consiglio a partire dal 1861, nella quale il 23 luglio 1993 Governo, imprenditori e sindacati firmarono il Protocollo Ciampi-Giugni che sanciva la nascita ufficiale della concertazione come metodo di Governo. Altri incontri con piccole imprese ed artigiani, sono seguiti nei giorni successivi. E da allora la frequenza, anzi la frenesia, con cui si sono intrecciati rapporti tra esponenti dell'esecutivo e organizzazioni di rappresentanza degli interessi è stata pari soltanto alla quantità di biglietti d'auguri natalizi inviati e ricevuti.
Il fenomeno è sorprendente. Perché il populismo si fonda sulla disintermediazione radicale del rapporto tra Politica e Popolo: non riconosce ulteriori ruoli di rappresentanza, né luoghi e strumenti di intermediazione dei diritti e degli interessi, e considera i corpi intermedi soltanto come ostacoli del "cambiamento". Ma se un Governo dichiaratamente populista cambia rotta, una ragione c'è. Anzi due. Da una parte un salto di maturità del Governo, che sta toccando con mano l'estrema complessità di una società troppo frammentata per poter essere gestita come un blocco unico. Dall'altra parte la reattività mostrata negli ultimi mesi dal "partito del Pil", in particolare dalle associazioni datoriali che a livello centrale e territoriale stanno ridefinendo posizionamento pubblico e capacità di iniziativa. Nella consapevolezza di avere a disposizione oggi ampi spazi di "intervento" in materia di politica economica, fiscale e industriale, e che in prospettiva probabilmente saranno ancor più ampi. E iniziando ad occuparli.
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