sabato 9 maggio 2020
Raramente nella nostra storia contemporanea lo scollamento tra i tempi della politica e i bisogni dell'economia è stato così ampio e doloroso. Se l'emergenza economica e sociale da Covid-19 sarà simmetrica nei suoi effetti, facendo precipitare l'intera Unione Europea nella recessione più profonda mai conosciuta, la risposta dei singoli Paesi europei rischia invece di essere profondamente asimmetrica. A danno dell'Italia. Non è una questione di risorse. Con il travagliato varo del Decreto "Maggio", il Governo avrà probabilmente messo in campo una quantità di soldi sufficiente, sicuramente superiore alle attuali possibilità del secondo Paese più indebitato al mondo in rapporto al Pil. Molto più discutibile è il modo di spenderle, quindi il set di strumenti utilizzati: mancano – ad oggi – misure fondamentali chieste a gran voce dal mondo produttivo come l'abolizione dell'Irap, lo spostamento a fine anno delle scadenze fiscali di giugno, gli interventi diretti (sussidi, non prestiti) a favore delle piccole e piccolissime imprese, il pagamento da parte della P.A. dei debiti verso le imprese. Ma la vera "questione italiana" è un'altra, a mio avviso. Perché rispetto al mare di risorse pubbliche disponibili sono arrivate finora ad imprenditori, commercianti e professionisti solo alcune gocce? Cosa determina questo imbuto sottile che rende inefficace la nostra capacità di reazione rispetto al resto d'Europa? Due fattori culturali, essenzialmente: il radicato pregiudizio anti-impresa e la prevalenza della cultura del sospetto sul principio di libertà. Si tratta di fattori diffusi nelle elites politiche e burocratiche italiane a tal punto, da influenzare gran parte delle scelte di politica economica e sociale. Nascono così (tra le altre) la sbornia delle auto-certificazioni e le surreali interpretazioni sugli affetti che rendono incerte le regole di vita e di mobilità di tutti gli italiani, l'incomprensibile rigidità di un modello unico nazionale di lockdown a fronte di situazioni regionali estremamente diverse, le norme che tolgono il sonno ai datori di lavoro addossando loro la responsabilità penale e civile di eventuali decessi di dipendenti causati dal Covid-19, le altre norme che stanno bloccando (insieme alla montagna di documenti richiesti) l'erogazione del credito da parte delle banche per evitare il rischio d'essere accusate di concorso in bancarotta nel caso di fallimento delle aziende beneficiarie dei prestiti, l'iper-burocrazia che sta frenando (in particolare) l'erogazione della Cassa Integrazione Guadagni. Sfiducia, sospetto, pregiudizio. Valori opposti alla fiducia nella capacità di intraprendere e di innovare, che sta alla base dello sviluppo della civiltà occidentale e che abbiamo "sposato" anche in Italia, in altre fasi della nostra storia. Quando riusciremo a recuperare lo spirito del Dopoguerra e del boom economico? Quali rivolgimenti dovremo attraversare nel frattempo? I prossimi mesi ci offriranno (anche) questa risposta.
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@FFDelzio
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