Una comunità mediterranea unita dal cibo. Suggestione che va oltre gli sbarchi e i respingimenti, le credenze religiose, le tensioni politiche ed economiche. Suggestione che in parte è già realtà. E che merita di essere davvero coltivata. Senza dimenticare le difficoltà, ma con determinata volontà.
Di «macroarea del Mediterraneo per una sovranità alimentare distintiva e allargata» ha parlato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia (fondazione che unisce la produzione agricola ad oltre cento imprese italiane di trasformazione e distribuzione alimentare). Scordamaglia è intervenuto all’evento “Verso Sud” – organizzato da Ambrosetti The European House –, spiegando: «Se sapremo andare in una direzione di piena collaborazione, le aree del Mediterraneo diventeranno una soluzione e un modello per la food security globale». Qualcosa, in effetti, esiste già. Lo stesso Scodarmaglia ha ricordato i progetti avviati in Egitto ed altri Paesi del Nordafrica.
Molti sono però i passi che devono ancora essere compiuti, prima di tutto dal punto di vista culturale. C’è però una constatazione: attorno al Mediterraneo si affacciano Paesi diversissimi per molti aspetti, ma uniti dalla particolare cultura del cibo. «La base è la dieta mediterranea nella sua accezione più alta – ha detto Scordamaglia – una dieta che punta sulla distintività, sulla non omologazione, su un approccio non oscurantista, ma che ha capito che la terra è la vera ricchezza del futuro, è qualcosa che deve essere rispettata e lasciata sempre più fertile». Con l’Italia che può acquisire un ruolo più importante rispetto ad oggi. Anche dal punto di vista tecnologico.
Collaborazione e apertura agli altri appaiono comunque essere i concetti-chiave. Senza dimenticare, naturalmente, gli aspetti più economici, che diventano sociali. La popolazione dell’area del Mediterraneo allargato, è stato precisato proprio da Filiera Italia, crescerà di 250 milioni di abitanti entro il 2035 mentre l’Europa ne perderà 15 milioni nello stesso periodo.
Comunità che cresce, dunque, quella mediterranea. E che deve essere sostenuta. Magari facendo attenzione al resto d’Europa. Proprio Scodarmaglia ha sottolineato: «Attenzione al fuoco amico: attenzione a non smantellare, in nome di una transizione verde solo ideologica, la produzione agroalimentare europea tornando ad un modello di globalizzazione senza regole» Insomma, se c’è davvero un modello, questo va curato e non travisato.
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