domenica 5 gennaio 2025
Le vendite di prodotti agroalimentari italiani in giro per il mondo continuano a crescere. Si tratta di un successo che pare non avere limiti e che in dieci anni ha portato il valore dell’export del comparto da 34 a quasi 70 miliardi di euro. Così, almeno, ha calcolato Coldiretti sulla base dei dati Istat, facendo però notare quanto spazio di mercato sia comunque “mangiato” dalla diffusione di “falsi” prodotti italiani che ne imitano, senza averle, le qualità. La crescita in valore, tuttavia, deve fare i conti da un lato con l’effetto inflazione che pur c’è stato e, dall’altro, con il fatto che in alcuni comparti agroalimentari l’Italia non è affatto autonoma dal punto di vista degli approvvigionamenti. Quasi 70 miliardi, quindi, è l’indicazione per il 2024 del giro d’affari delle vendite agroalimentari italiane nel mondo. I coltivatori hanno già deciso: quello appena passato è l’anno che farà “segnare il record di sempre” che nasce da mercati diversi segnati tutti da forti crescite nelle vendite. Stando all’analisi dei coltivatori “un vero e proprio boom si registra sul mercato americano dove in dieci anni la nostra enogastronomia fa segnare un incremento di circa il 150%, ma la crescita a doppia cifra contraddistingue anche Francia (+90%), Germania (+71%) e Gran Bretagna (+57%)”. Il prodotto più esportato è il vino, davanti all’ortofrutta trasformata e poi a formaggi, pasta e altri derivati dai cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva. Per capire meglio la portata del raddoppio in dieci anni delle vendite all’estero, è necessario guardare comunque a tutta la bilancia agroalimentare nazionale. Tenendo conto che le statistiche complete del 2024 non sono ancora disponibili, una prima indicazione arriva dai dati dei primi sei mesi dell’anno quando le importazioni di prodotti agroalimentari hanno raggiunto il valore complessivo di circa 33,5 miliardi e sono cresciute ad un tasso nettamente inferiore (+1,4%) rispetto al primo semestre 2023. Nello stesso periodo, le esportazioni sono arrivate a 34 miliardi circa, generando così un lieve avanzo commerciale.
E’ indubbio comunque che di successo si possa parlare. Un traguardo che, come correttamente viene fatto rilevare, è frutto di una filiera di produzione, trasformazione e commercializzazione che “dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari”. E’ su questa base che i coltivatori orgogliosamente affermano come vi siano le carte in regola “per raggiungere l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare a 100 miliardi nel 2030”. Un altro traguardo che non è certo facilmente conquistabile e per il quale occorre “però colmare i ritardi infrastrutturali dall’Italia che costano circa 9 miliardi di euro di mancate esportazioni per l’agroalimentare nazionale”. Poi, come si è detto sopra, c’è la questione del fenomeno della contraffazione internazionale così come della corretta applicazione negli accordi commerciali stipulati dall’Unione europea, del principio di reciprocità. Due temi strettamente collegati che valgono altri miliardi di euro. Secondo un’altra analisi di Coldiretti e Filiera Italia solo il “falso made in Italy” agroalimentare nel mondo è arrivato a valere oggi 120 miliardi di euro. © riproduzione riservata
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