venerdì 15 ottobre 2021
Vicino a dove lavoro hanno chiuso un'edicola. Ormai non fa quasi notizia. La crisi dell'editoria, della carta stampata soprattutto, ha reso superfluo e superato ciò che non molto indietro nel tempo sembrava indispensabile. Alcuni chioschi si riciclano in rivendita di fiori e gadget in cui è possibile comprare anche i quotidiani, altri diventano para-cartolerie dove fotocopiare un documento o stampare un file. Qui invece il piccolo prefabbricato è stato portato via. Non c'è più. Fino a qualche tempo fa lo gestiva una giovane madre che raccontava le disavventure del figlio, commentava le copertine, consigliava, o bocciava, il libro che stava leggendo. E intorno si formavano crocicchi di discussione sulle notizie del giorno che poi scivolavano inevitabilmente nella politica o nello sport. Detto senza retorica, troppe volte dimentichiamo il significato del giornale come “oggetto”, come luogo fisico di incontro, come occasione per prendersi in giro e poi fare la pace. Ed è principalmente colpa di chi svolge il mestiere di informare. Se si fosse creato un rapporto più stretto tra chi scrive e chi legge, un vero senso di comunità, oggi per tante persone non sarebbe così facile rinunciare a sporcarsi le dita di inchiostro, e a litigare per un titolo.
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