Antonio Conte aveva in mente la rispostaccia a Capello già da giorni. Probabilmente l'ha provata anche davanti allo specchio. Gli mancava il tono giusto. Poi ha sentito Mourinho prendersela con Pellegrini del City («Incapace!») e Wenger dell'Arsenal («Fallito!»), gli è piaciuto soprattutto il senso della misura, lo ha adottato, e quando s'è trovato davanti alle telecamere di Sky è partito in tromba: «Fesserie», «Puzza in casa sua...». La leggerezza dialettica è di moda: gliel'avrebbero perdonata. Ma ha aggiunto: «La Juve di Capello la ricordo solo per quei due scudetti revocati...». Autogol. Così gli juventini fedelissimi - quelli che hanno vinto 31scudetti, non 29 - hanno invaso il web di parolacce. Gli interisti - che di 'sti tempi hanno poco da ridere - già rinfrancati dalla vittoria in fuorigioco sulla Fiorentina, si son dati alla pazza gioia dedicando lazzi e sberleffi alla “Rubentus”. A Torino - Casa Agnelli - c'è più freddo che a Sochi. Arrivo a capire il bottaerisposta, la reazione immediata a una critica fastidiosa («Dopo Verona io non avrei castigato i giocatori», aveva detto Capello): ma la scarica offensiva premeditata no, non è da condottieri di rilievo, ha il carattere di una inspiegabile voglia di rissa e non è giustificata neppure dall'evocato mourignano «rumore dei nemici». Anche perché Capello non è un nemico, è ben visto (e ascoltato) in Casa Agnelli e anche su quel tema europeo («La Juve e le italiane fanno fatica in Champions perché il campionato tecnicamente povero non le allena a crescere...») aveva offerto un alibi ai bianconeri. L'amico Conte - mi sento di dirglielo - stavolta ha sbagliato. Se è vero che a Sanremo, tanti anni fa, Lucio Dalla cantava «Bisogna saper perdere», offrendo un assist profetico anche ai tifosi del “suo” Bologna, è altrettanto vero che bisogna saper vincere, impossessandosi anche di una abilità dialettica degna del ruolo che si riveste. Conte è un vincitore, un leader, s'avvia a diventare un maestro: nella potente e ricca società in cui si ritrova dovrebbe includere nello staff un portavoce adeguato allo stile della Famiglia; e utilizzare personalmente l'ironia. Ad esempio, imitando il famoso tweet di Renzi a Letta, avrebbe potuto twittare a Capello un «stai sereno, Fabio», e tutti avrebbero capito. Storie da Fratelli Coltelli degne di quest'Italia perduta nel turpiloquio dell'High Society dopo esser stata a lungo regina della parolaccia plebea.Ho sentito Capello, ieri, mentre stava partendo per il Brasile, non per pietire una risposta a Conte, immaginandola, ma per ridirgli il mio dissenso sulla “povertà” del campionato origine degli insuccessi europei; perché per me, al contrario, la pena inflitta alla Juve da Copenhagen e Galatasaray è dovuta piuttosto alla complessità del nostro torneo, dove anche le “piccole” e le “provinciali” danno filo da torcere alle “grandi”, costringendole a turnover suicidi e a spendere sempre tante energie, al contrario di due squadre spagnole, due tedesche e tre inglesi che giocano da sole. Detto, non condiviso, e buon viaggio.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: