Non c'è bisogno di una laurea in Scienze della comunicazione per capire perché un autobus in fiamme, nel centro di una grande città come Roma, fa notizia, almeno per qualche ora ( tinyurl.com/y7j7tt8w ). Così è andata ieri mattina: chi avesse lanciato intorno a mezzogiorno le relative parole-chiave su Google si sarebbe visto restituire subito dallo schermo qualche decina di link prodighi di informazioni, tutte abbastanza simili, sull'evento, più quelli (rari nelle prime schermate, più frequenti in quelle successive) su eventi analoghi accaduti, sempre nella capitale, nel recente passato. Anche sul mio profilo Facebook, dove conto diversi amici e amiche che vivono a Roma, si sono presto materializzate le immagini di questo incidente, alternate ai tanti post preoccupati per la crisi politica e a quelli che rivolgevano i primi, commossi omaggi a Ermanno Olmi.
Prima che l'attenzione cominciasse a scemare (ciò che è avvenuto rapidamente) sono riuscito a registrare i diversi approcci con i quali il fatto è stato commentato, resi più liberi dalla mancanza o quasi di vittime. I più, comprensibilmente, ne hanno tratto spunto per ribadire il proprio giudizio negativo sull'attuale amministrazione di Roma. Qualcuno non ha resistito dall'ironizzare sulla condizione dei pendolari, ipotizzando che un passeggero abbia tentato comunque di salire sul veicolo ormai in fiamme pur di non dover aspettare quello successivo. Paolo Pegoraro invece ha colto un dettaglio che solo un giornalista religioso poteva cogliere. Così, con l'eloquente didascalia «senza parole», ha pubblicato una foto del rogo presa dal retro ( tinyurl.com/y9po9oy7 ), proprio là dove l'autobus portava, ancora visibilissima, la pubblicità dello spettacolo incentrato sul Giudizio universale di Michelangelo in scena in questi giorni a Roma. E ha raccolto il plauso divertito degli amici digitali.
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