«Mentre Egli era sulla terra, rimise insieme le famiglie. Restituì Lazzaro a sua madre, e al centurione ridiede la figlia. Riattaccò persino l’orecchio al soldato che era venuto ad arrestarlo, un fatto che ci permette di sperare che la Resurrezione rifletterà una notevole attenzione ai particolari». Con ironia sagace Marilynne Robinson tratteggia qui una sua personalissima visione di come sarà la venuta della Resurrezione della carne. La scrittrice americana, considerata una delle più grandi voci della narrativa contemporanea, lo scrive nel suo primo romanzo, Le cure domestiche (Einaudi), che la fece conoscere al grande pubblico. In uno dei capitoli conclusivi del libro, Robinson traccia alcune chiose narrative di vicende bibliche. Quella riportata sopra riguarda la capacità di Gesù di ridare la vita ai morti. Una verità che la fede cristiana proclama con forza, anzi che per San Paolo è l’amen su cui si regge l’intero edificio del credere in Gesù: «Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede». La sottolineatura narrativa del “particolare” da parte di una scrittrice che vive di storie e di immaginazione ci dice quanto la concretezza reale di un gesto abbia valore. E fondi una speranza che è memoria di gesti reali e cure affettive dell’umano.
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