L'atletica raccontata dall'uomo del parco
mercoledì 24 giugno 2020
Nei mesi in cui l'Europa si è fermata tutti noi siamo tornati, non fosse altro che per sopravvivere un po' meglio alla più imprevista delle situazioni, a riscoprire o approfondire qualche nostra passione. Io stesso ho provato a mettere a disposizione degli appassionati di sport una sessantina di storie, diciamo didascaliche, che avessero un significato o che offrissero una chiave di lettura, un'ispirazione rispetto ai giorni del lockdown. Registravo e autoproducevo un paio di minuti di narrazione sportiva e pubblicavo sui miei canali social, scoprendo tanto interesse e affetto, per quel piccolo momento quotidiano. Mi sono scoperto a scegliere e raccontare storie soprattutto di atletica, che non a caso è definita la regina dello sport. Quelle storie di volontà, forza, superamento delle difficoltà avevano in sé un'intensità evidentemente percepita in modo forte. In Spagna, per paradosso, è successo il contrario: un seguitissimo profilo Twitter riferito a Joaquín Carmona, un nome sconosciuto a tutti, era diventato fino all'inizio della pandemia il punto di riferimento del mondo dell'atletica leggera. Storie, curiosità, statistiche, suggestioni, ispirazioni. Nessuno sapeva chi fosse questo Carmona: non certo un giornalista, non un ex atleta. Il mistero però si è infittito quando, proprio al contrario del mio caso, il 15 marzo Carmona, in pieno divampare della pandemia in Spagna, ha smesso di twittare, letteralmente sparendo dalla scena. I suoi aficionados lettori si sono preoccupati e qualche giornalista si è messo in moto, alla ricerca di questo fantomatico collega.
Ne è venuta fuori una storia meravigliosa e, soprattutto, a lieto fine. Il giornalista Alfredo Varona lo ha rintracciato, non senza fatica e con un colpo di fortuna, in un parco di Madrid. Joaquín Carmona è infatti un senzatetto di 46 anni, dorme su un materasso in quel parco e non twitta da tre mesi perché, per farlo, si appoggiava al wi-fi di una biblioteca, chiusa per lockdown, appunto. Possiede un laptop, unica cosa rimastagli dalla sua vita precedente, ma per funzionare quel computer ha bisogno di una presa di corrente e della connessione gratuita a internet che trovava, appunto, in quella biblioteca. Carmona ha raccontato, dopo un po' di insistenze, la sua storia: il lavoro perso, le notti al parco, qualche doccia ai bagni pubblici pagando 50 centesimi. E, nel flusso del suo racconto, una frase fulminante: «Twitter è una terapia che mi permette di alleggerire tutto ciò e mi permette di scrivere di una delle mie più grandi passioni, l'atletica leggera. Sapere che posso intrattenere le persone su Twitter mi porta a pensare che, nonostante tutto, sto facendo qualcosa di giusto».
L'uomo è un animale narrante, per sopravvivere ha bisogno di storie. Questa è una meravigliosa storia (anzi, una storia di chi racconta storie) e dimostra che non solo il gesto in sé è terapeutico, tanto per chi scrive quanto per chi ascolta, ma che quando l'oggetto delle storie è lo sport, l'intensità è ancora più forte.
Il lieto fine? La comunità (che bella parola che forse stiamo riscoprendo) degli appassionati delle storie di Carmona, nel frattempo arrivato a 30.000 followers su Twitter, si è messa in moto con una raccolta di denaro. E probabilmente la vita di Joaquín Carmona, grazie a quel suo gesto narrativo spontaneo e gratuito, potrebbe avere una seconda opportunità.
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