Quella di ringraziare è un’arte che dobbiamo acquisire. La vera gratitudine spirituale ringrazia per tutto, poiché sa che la complessa architettura della vita va maturando in modi differenziati. Ringrazia per il grandioso e per il minuscolo; per l’orizzonte sgombro e vasto e per il piccolo frammento impreciso; per l’oceanica esperienza dell’illimitato e per ciò che in questo momento sembra dolorosamente ristretto. Ringrazia per la notte, che può essere interminabile e aspra, ma che sopra di noi distende le stelle. Si arrischia a ringraziare per quel vuoto che sulle prime consideravamo una spina indesiderata, ma che poi, sorprendentemente, viene a profumare il nostro mondo interiore come una rosa. E per quel silenzio che ci abbatte con un peso insostenibile e che poi vedremo trasformarsi in opportunità di cammino e grazia. Arte genuina della gratitudine è quella che non teme di ringraziare anche per le battute d’arresto, anche per le ferite, anche per la vulnerabilità, anche per i ritorni indietro, poiché sono questi che non di rado ci consentono di raggiungere una coscienza di noi stessi e una sensibilità alla vita che ancora non possedevamo. Quando ci disponiamo a ringraziare così la vita che avremmo frettolosamente definito povera, fatta di balbettii esitanti e di briciole, constatiamo che essa si rivela invece piena e traboccante, come non avremmo mai creduto possibile.
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