Un invito alla chiarezza e alla purezza del linguaggio – riferisce La Stampa (30 agosto) – è rivolto dal noto linguista e critico letterario Gian Luigi Beccaria («Dimentica l'antilingua e parla come mangi») a tutti i comunicatori. Il quotidiano torinese si rifà sia alla "neolingua" descritta da George Orwell nel suo libro 1984 (pubblicato nel 1948) sia a Italo Calvino, il quale in un articolo sul quotidiano Il Giorno (1965) si occupò del "burocratese" definendolo "antilingua" e prendendolo a campione di un linguaggio che, invece di chiarire, complicava le cose della nostra burocrazia. Dell'antilingua si è occupato anche chi scrive questa rubrica esaminando il linguaggio prevalentemente politico costituito da "parole dette per non dire quello che si ha paura di dire". Per esempio: "interruzione volontaria della gravidanza" (Ivg) invece di aborto, "procreazione medicalmente assistita" (Pma) invece di fecondazione artificiale, e così via per tante parole ingannevoli da costituire un'antilingua e pubblicarne un dizionario. L'antilingua secondo Beccaria è, per esempio, il «lessico criptico» di certi scrittori, giornalisti e soprattutto politici. Ma dovrebbe essere considerato tale anche il diffusissimo e sgrammaticato linguaggio usato perfino in radio e tv: "te" invece di tu, "piuttosto" invece di anche. Infine è antilingua l'inglese adoperato dappertutto (anche dal nostro governo): una brutta lingua (anche se efficace) che sostituisce per snobismo il nostro bell'italiano. Qui vorremmo prendere di petto la lingua sbracata anche di molti politici (le "parolacce" di Salvini e Grillo) che ormai sta conquistando le pagine dei giornali, anche le prime, per l'illusione di essere più incisivi. Si tratta delle parole più pesanti, volgari e anche inutili e derivanti da scarso cervello. Qui non è possibile riprodurre per rispetto dei lettori e dei redattori, per non sporcare le pagine di Avvenire e per non alterarne i contenuti. Se questo linguaggio, che tocca l'osceno, si espanderà, la comunicazione sociale finirà per suicidarsi. Ci pensi quel campione per quantità, varietà e competenza in questa materia che è Libero, seguito a distanza da Il Fatto Quotidiano, Il Foglio, Il Tempo e la Repubblica (raramente).FERTILITY DAYL'istituzione di un "Fertility day" (un' antiparola), cioè di una "giornata della fertilità" per incoraggiare le famiglie italiane, negli attuali tempi di denatalità, a essere coraggiosamente più aperte alle nuove vite, ha suscitato le proteste anche di Roberto Saviano su Repubblica e su internet. «Il Governo – ha detto lo scrittore – ha offeso chi vuole avere figli e non può averne», comprese le coppie gay. E al Governo ha intimato: «Revochi il Fertility day. Subito». Quando, però, la Corte Costituzionale autorizzò l'eterologa, Saviano si guardò bene dal protestare per la riduzione del concepimento a una specie di cocktail genetico.
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