Alla fine del mese di luglio del 1988 la Conferenza di Lambeth, l'incontro che ogni dieci anni raduna a Londra tutti i vescovi della Comunione anglicana, aprì a maggioranza alle donne prete. Un esito atteso ma non scontato, e destinato a pesare non poco sulle relazioni ecumeniche con la Chiesa cattolica, fino a quel momento piuttosto avanzate. Preoccupato, Giovanni Paolo II richiamò il testo della Mulieris dignitatem, che aveva già licenziato e del quale erano già in corso le traduzioni nelle diverse lingue, e alla fine del numero 26 aggiunse poche righe in cui veniva ribadita la tradizionale dottrina cattolica che riserva agli uomini l'accesso al sacerdozio ministeriale. Successe però che un'agenzia di stampa intercettò quel testo, e lo "sparò" come anticipazione della lettera del Papa sulle donne. Col risultato che quel bellissimo documento sul ruolo della donna nella Chiesa e nella società fu ridotto a una mera risposta agli anglicani.
Ricordare questo episodio inedito – e perché per anni si continuò a parlare a sproposito della Mulieris dignitatem – serve a dire quanto suscettibili siano i documenti papali (purtroppo sempre poco letti nella loro integralità) alle mediazioni giornalistiche, che spesso li limitano o addirittura li stravolgono. È quanto, in tempi recenti, è successo alla Laudato si', annunciata a suo tempo dai media come l'enciclica "ecologica" di papa Francesco e ancora oggi, nove volte su dieci, citata con lo stesso aggettivo, quasi fosse una sorta di manuale – questo sì, questo no – del perfetto ambientalista. Quando invece non c'è niente di più sbagliato: tanto che lo stesso Bergoglio, incontrando i sindaci di settanta città di tutto il mondo nel luglio 2015 (due mesi dopo la pubblicazione del testo), volle precisare che «non è un'enciclica "verde", è una enciclica sociale». La differenza c'è, ed è enorme. Perché il cuore pulsante dell'enciclica è il recupero del rapporto tra l'uomo e l'ambiente in quanto, come si legge nel testo, «l'ambiente umano e l'ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale». E se lo slogan che sembra sempre governare le scelte politiche è there is no alternative, non c'è alternativa – fondamentalmente rispetto a una globalizzazione come quella cui abbiamo assistito negli ultimi decenni –, secondo Francesco un'alternativa esiste, eccome, e per imboccarla è necessario «cambiare il modello di sviluppo globale». Che vuol dire – ed è proprio questo che dice il testo di Bergoglio – «riflettere responsabilmente sul senso dell'economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni... Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso».
In questo percorso di ridefinizione occupa un posto fondamentale quel vero e proprio cardine della dottrina sociale della Chiesa che è il principio di sussidiarietà, «che conferisce libertà per lo sviluppo delle capacità presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige più responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere». Solo così si recupera il senso di una politica «che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi». Dunque non un'enciclica "verde" ma molto, molto di più. Ed è probabilmente per questo, per recuperare il pieno e vero significato della Laudato si', che domenica scorsa Francesco ha annunciato un anno speciale di riflessione e di studio sull'enciclica, a partire da lunedì 25 maggio. Davvero un'occasione da non perdere.
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