Il comparto agroalimentare resiste (ancora) all'impatto di Covid-19. Anche se la fiducia tra gli operatori diminuisce sempre di più. Mentre rimangono sostenuti i consumi delle famiglie italiane. La fotografia del comparto agroalimentare su entrambi i fronti, scattata dall'Ismea al giro di boa del secondo mese di emergenza, restituisce l'immagine di un settore alle prese con molti problemi ma che stringe i denti e cerca di guardare avanti, seppur a stento. E non mancano le sorprese. Nella parte produttiva della filiera, dice Ismea, «pure nella necessità di affrontare numerose criticità, il settore appare al momento ancora con una buona capacità di tenuta e in grado di garantire l'approvvigionamento dei mercati finali». A guardare più da vicino, tuttavia, i problemi saltano all'occhio. Ismea rileva, soprattutto per il comparto ortofrutticolo, le difficoltà di reperire manodopera per le operazioni di raccolta, mentre per il lattiero caseario e le carni quelle derivanti dalla chiusura della ristorazione. E anche il vino «si trova a fronteggiare il crollo della domanda nei tradizionali Paesi clienti, con riflessi importanti anche sulle scorte in vista della prossima vendemmia». La conseguenza di tutto questo? Per l'istituto è chiara: il marcato deterioramento della fiducia degli operatori agroalimentari. Anzi di più, perché Ismea precisa come alla contrazione significativa dell'indice di clima di fiducia dell'agricoltura si affianchi adesso un vero e proprio crollo per l'industria alimentare. Sul fronte della spesa, invece, pare continuare la crescita degli acquisti di alimenti da parte delle famiglie: le vendite al dettaglio di prodotti alimentari confezionati hanno avuto un incremento ancora a doppia cifra rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+18%) e, nel complesso, sono cresciute, in un mese, ancora del 3%. Tutto con, in prima fila, alcuni prodotti di base (dalla farine alle mozzarelle, dai confezionati agli affettati e surgelati). E ancora in crescita sono, poi, le consegne a domicilio (+160%).
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