sabato 15 aprile 2017
Da qualche giorno c'è un albero Etty Hillesum nel Giardino dei Giusti di Milano. La mia piccola cara ragazza. Nevrotica, colta, ironica («Risultati del quarto d'ora buddhistico: mi è venuto un gran freddo, sul pavimento»). Cocciuta militante del bene. Una madre spirituale che potrebbe essermi figlia morta ad Auschwitz a 29 anni, il 30 novembre 1943.
Detenuta a Westerbork in attesa della deportazione finale si dà il compito di essere il «cuore pensante della baracca».
«So che chi odia ha fondati motivi per farlo - scrive - ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più facile e a buon mercato?… Ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale». «A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi».
Etty guarda i suoi aguzzini: «E Dio creò l'uomo a sua immagine. Questa frase ha vissuto con me una mattina difficile». Quell'ufficiale che urla, «da compiangere più di coloro a cui stava urlando… avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Avrei voluto cominciare subito a curarlo».
Nel dolore Etty continua «indisturbata a crescere, di giorno in giorno… Facciamo in modo che, malgrado tutto, Dio sia al sicuro nelle nostre mani». Leggete il suo "Diario" e le "Lettere" (Adelphi).
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