C'è nella vita un "momento di grazia" che non conosce né regole né ritorni: qualcosa che capita, e che è da cogliere e da non perdere. È l'incontro felice con un libro, con un'intuizione, con una persona. È l'occasione della vita, imprevedibile e imperdibile, causa di felicità o di ripianto; una sorta di attimo fuggente, e non a caso attimo deriva da atomo, perché quantità indivisibile del tempo. I Greci lo chiamavano kairós: «la migliore di tutte le cose», per il poeta Esiodo; «acuminata», e «rapidissima», gli fa eco il medico Ippocrate, che sa bene come un istante possa costare la vita. Il kairós, diranno i Vangeli, è il tempo che Dio ha deciso e attuato con l'avvento di Cristo.
Nel IV secolo Lisippo volle rappresentare il kairós con una scultura, della quale un poeta del tempo ci dà questa descrizione: «E chi sei tu? Il Kairós che controlla tutte le cose. / Perché ti mantieni sulla punta dei piedi? Io corro sempre. / E perché hai un paio di ali sui tuoi piedi? Io volo con il vento. / E perché hai un rasoio nella mano destra? Sono più tagliente di qualsiasi bordo tagliente. / E perché hai dei capelli davanti al viso? Per colui che mi incontra: perché possa prendermi per il ciuffo. / E perché, in nome del cielo, hai la nuca calva? Perché nessuno che una volta ha corso sui miei piedi alati lo faccia ora».
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