«La vostra idea - soggiunse l'Hoieda - potrà anche essere giusta e buona, ma a me non persuade: correre così alla ventura dietro ad una semplice supposizione....», «È la natura e il bello di tali imprese - ribatté il Vespucci. E Vasco di Gama e Cristoforo Colombo non hanno seguito anch'essi una semplice congettura, e molto più incerta e vaga della mia?». Amerigo Vespucci, - in un bel libro sulla sua vita scritto quasi un secolo fa da Eugenio Oberti - nel pieno di una sua impresa di navigazione propone di avventurarsi verso il capo di una terra apparsa, sconosciuta, che si prolungava verso Sud. Dopo aver dichiarato che «i suoi paraggi apparivano assai insidiosi e pericolosi», ritiene comunque necessario e giusto avventurarsi, certo che si scoprirà una nuova terra d'Oriente. Don Alonso è il responsabile della flotta, navi e vite umane, esita di fronte a un'impresa arrischiata, preoccupato più ancora delle vite che della nave. Ma Eugenio Oberti, attraverso il personaggio del grande navigatore fiorentino Vespucci, indica il destino delle grandi avventure: seguire un'intuizione priva di certezze, fidarsi della propria visione. Lo spirito di Colombo, degli americani che si lanciarono verso la luna, di Martin Luther King, che seguì la sua visione ripetendo: «Io ho un sogno».
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