venerdì 1 febbraio 2019
Roberto Innocenti è uno dei nostri grandi illustratori, e forse il migliore e il più “classico”, anche se, appartato artista-artigiano (vive a Montespertoli, dalle parti di Firenze), è più noto all'estero che in Italia – come spesso accade, nella nostra cultura malata di superficialità e frivolezza. Realistico, minuziosamente documentato, classico, limpidamente poetico... non so trovare aggettivi sufficienti a tesserne l'elogio. Sono suoi un Pinocchio meravigliosamente “toscano” nella precisione dell'ambientazione storica (il mio preferito) e un Cappuccetto Rosso nelle spire della società contemporanea, dove la foresta che la bambina attraversa è un immenso odierno supermercato pieno di pericoli. Di recente ha pubblicato per la Margherita, la sua abituale casa editrice, un bellissimo La mia nave (pagine 39, euro 19,00), storia di una nave raccontata da un marinaio, ma è di un altro suo lavoro che vorrei anche parlare: Casa del tempo, stesso editore, su testo di Roberto Piumini, uscito nel 2010. Vi si raccontano le sorti, le mutazioni di una casa di campagna, dal rudere all'affollata casa colonica di una famiglia-comunità contadini degli Appennini e infine, dopo l'abbandono delle campagne, villetta suburbana per borghesi soddisfatti. Si va dal 1900 al 2000, e si traccia in questo modo anche la storia del nostro paese nel corso di un secolo, storia materiale e storia civile. Per grandi immagini orizzontali – la casa e il paesaggio in cui si colloca – e piccole immagini di commento, più “storiche”, quasi foto di famiglia, delle sue trasformazioni nel corso del tempo. Erano di moda, in passato, in letteratura e in cinema, queste che venivano chiamate “cavalcate”, “marce del tempo”, ma lì la casa, anche quando era una sola, serviva da sfondo, era di pretesto mentre qui è la protagonista vera, prodotto dell'umana fatica ed elemento di continuità che va oltre la vita degli individui. E la “cavalcata” riguarda semmai vite comuni, di quelle che si dicono “senza storia” ma che di storia ne hanno e ne soffrono tanta, pur dentro il calore di un nido, di un
rifugio, di una base, di un quotidiano punto di uscita e di ritorno. Andrebbe adottato nelle scuole, quest'albo dalle figure nitide e dai colori precisi, per spiegare ai bambini un po' di storia della nostra civiltà e di coloro che l'hanno vissuta prima di noi, e costruttori, a confronto con i suoi distruttori, noi oggi. Scrive Piumini: «Quando si dice che le parole sono pietre, ci si riferisce alle parole violente. Ma se sono le pietre a essere parole, e se sono le pietre-parole di una casa, non fanno nessuna violenza: al massimo la subiscono, prodotti sapienti e pacifici della mani umane».
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