Ad attestare lo spazio occupato dall’infosfera nella vita ecclesiale statunitense potrebbe bastare questo video (bit.ly/3wxOUeC). Online dal 19 febbraio, ritrae Robert Barron, vescovo di Winona-Rochester (nel Minnesota), nell’atto di festeggiare il milionesimo iscritto al suo canale YouTube. Egli racconta il suo primo video, nel 2007 (la recensione di un film di Martin Scorsese); lo stupore e l’emozione nel vedere crescere, con i successivi video pubblicati, le visualizzazioni e poi, negli anni, l’ampliarsi dell’impresa fino alle dimensioni odierne. Ovvero: 15 tra siti e account sui social media, in inglese e in spagnolo, intitolati a lui o a “Word on Fire Catholic Ministries”, l’«apostolato mediatico» che Barron ha fondato (bit.ly/3Td2Xix). Diffondono omelie, catechesi e commenti all’attualità ecclesiale e civile in linea con la maggioranza dell’episcopato Usa, mettono insieme complessivamente milioni di follower e hanno ottenuto sinora centinaia di milioni di visualizzazioni. Nel raccontare per “Aleteia” (bit.ly/49NXgwW) dell’ultimo traguardo tagliato su YouTube, J.P. Mauro parla di monsignor Barron come del «vescovo cattolico con il maggior seguito sui social media», ma una tale definizione non tiene del tutto conto della biografia di questo pastore, la cui nomina episcopale (nel 2015, come ausiliare di Los Angeles) è giunta quando il suo apostolato attraverso i media digitali era già molto fiorente: tanto da avergli meritato dal cardinale Francis George la qualifica di «uno dei migliori messaggeri della Chiesa». La successiva promozione a ordinario di Winona-Rochester (2022) e poi la nomina, da parte dei confratelli vescovi, tra i membri statunitensi al Sinodo in corso (2023) non sono altro che le conferme della considerazione che egli si è meritato anche per le sue qualità di comunicatore sul web.
Un luogo digitale polarizzato
È noto che l’infosfera ecclesiale statunitense è anche un luogo digitale molto polarizzato intorno ad alcuni nodi della vita della Chiesa e del Paese oggi e in particolare rispetto alle linee portanti del pontificato di Francesco, alle questioni bioetiche e alla riforma liturgica conciliare. Una visita a siti come “LifeSiteNews” (bit.ly/4bUAeGE), diretto da John-Henry Westen, o a blog come “Fr. Z’s” (bit.ly/3T0FXBY), del presbitero John Zuhlsdorf, può dare l’idea di quello a cui mi sto riferendo. In tale contesto si può meglio comprendere le ragioni della nascita, a febbraio 2018, del sito “Where Peter Is” (sottotitolo: “there is the Church”, ovvero: “Dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa”, famosa formula di Sant’Ambrogio sul primato petrino), diretto da Mike Lewis (bit.ly/42WapBO). L’intento, dichiarato, del «gruppo di fedeli» che gli ha dato vita, «sempre più preoccupati degli attacchi a papa Francesco e al suo insegnamento provenienti dall’interno stesso della Chiesa», è di «sostenere l'ortodossia e la fedeltà del santo padre» e di prendere la parola «sui grandi temi e sugli argomenti importanti a riguardo della Chiesa, soprattutto alla luce del pontificato di papa Francesco»; nonché di non lasciare senza risposte pubbliche gli specifici addebiti che il gruppo dei «critici», «relativamente piccolo» ma dalla «voce forte sui media», rivolge al papa.
Un approccio apologetico
Ne è risultato, scrive lo stesso Lewis in un recente post successivo a un suo viaggio tra Lourdes e Roma (bit.ly/3SUcVEh), «un approccio apologetico»: spiegare «la tradizionale concezione cattolica del primato e dell'autorità papale», chiarire «ciò che insegna la Chiesa sul ruolo del magistero vivo», rispondere sulle «questioni controverse» in modo «molto dettagliato, indicando la posizione della Chiesa su ogni aspetto dibattuto». Sintomatica, in questo senso, la sezione “Quale papa l’ha detto?”. Tuttavia, rientrato negli Stati Uniti e alla luce dei colloqui avuti nel corso del viaggio e in particolare in Italia, Lewis immagina di apportare qualche aggiustamento alla linea del sito, avendo percepito la sterilità di un confronto diretto con gruppi che, in quanto «indietristi» (dice mutuando il noto neologismo papale), al confronto non sono disponibili: la loro asserita «confusione», dice, è in realtà un semplice «rifiuto» verso il Papa e i suoi insegnamenti. Fermo il sostegno alla Chiesa e al Papa «chiunque esso sia», immagina di adottare d’ora in poi un approccio più «analitico e antropologico» e che la Chiesa sia chiamata a un cammino «sinodale, non apologetico». Una parabola interessante, quella descritta da Lewis, anche per un’infosfera ecclesiale – quella italiana ed europea – meno caratterizzata da certe polarizzazioni.
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