Se si lancia il nome di Abel de Jesús su Google compaiono, nell'ordine, il suo canale YouTube, gli account Twitter e Instagram e la pagina Facebook. È originario di Tenerife ed è un carmelitano scalzo di 27 anni. Con l'opera “Internet e la vita contemplativa”, dove egli riflette su «come fare in modo che la tua spiritualità sopravviva nell'era digitale», ha appena vinto il premio che l'editrice religiosa spagnola Ppc (la stessa della rivista “Vida Nueva”, dal cui sito appendo la notizia bit.ly/3qXVO5F ) riserva da qualche anno al miglior giovane teologo dell'anno. Mi precipito a consultare i luoghi della sua presenza sui social: non mi appare travolgente quanto ai «numeri», ma certo consapevole e incisiva. L'impressione d'insieme è che i linguaggi della Rete siano molto familiari a questo giovane religioso (insieme alle storie del genere fantasy, delle quali “Vida Nueva” lo definisce «appassionato»). Ma giacché su Twitter si presenta come «apostolo delle penne abbandonate», «teonauta nell'oceano dell'amore misericordioso di Dio» e «semiastemio digitale», oltre che «youtuber», mi dico che solo vedendolo all'opera nei video riuscirò a penetrare le altre, misteriose autodefinizioni e a misurare la distanza che segnano dalla Rete stessa. In quello del 15 ottobre 2020 ( bit.ly/2Wiq5OA ) fra Abel de Jesús spiega che intende con «teonautica» un viaggio verso Dio, un modo di riferirsi al cammino cristiano in generale. Al quale, dice, i video offrono un supporto per la prima tappa, che egli chiama «pathos», e soprattutto per la seconda, che egli chiama «logos» e che è «il luogo della ragione discorsiva, della riflessione e della comprensione del deposito della fede». Ma non per la terza, il «fanos», che «si può intendere come rivelazione o contemplazione», e che «è molto difficile da raggiungere via Internet». Per questo, conclude, «spero di vederti molto presto di persona, per stare insieme, in silenzio, alla presenza del Dio infinito».
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