
Da che Internet è Internet, non c’è stata Quaresima durante la quale non sia stata proposta e praticata una qualche forma di astinenza, quando non di digiuno, dai social media. La cosa va di pari passo con l’offerta di sussidi online di ogni genere per accompagnarci in questo tempo liturgico (a proposito delle Ceneri vi ho già accennato): niente di strano, la Rete è anche un supermarket, e la Rete cristianamente ispirata non lo è di meno. Nell’ultimo mese mi sono annotato due notizie, entrambe “made in Usa”. La Chiesa di Arlington, in Virginia, ha dichiarato venerdì 28 marzo scorso “Giornata diocesana della disconnessione” (bit.ly/4cbmcRk). Il suo presupposto è che «disconnettersi, ovvero eliminare intenzionalmente il tempo trascorso davanti allo schermo o a consumare media digitali, è un tipo di digiuno utile e impegnativo». Si poteva partecipare per tutto il giorno o anche parzialmente, e si offrivano molti suggerimenti su come spendere il tempo offline in preghiere e/o buone opere. Suor Nancy Usselmann, direttrice del Pauline Media Studies di Los Angeles, ha dato alle stampe lo scorso febbraio il volume Digiunare dai media: sei settimane per ricaricarsi in Cristo. È lei stessa a presentarlo in connessione con il tempo quaresimale, in un articolo su “Osv News” (bit.ly/3Y5aIt9). La Quaresima, scrive, «può essere un momento perfetto», anche se non è l’unico, «per riflettere più profondamente [...] sul nostro uso dei media»; poi suggerisce «otto idee» su come attuare questo digiuno.
La video-intenzione del Papa
Probabilmente anche Francesco apprezzerebbe le tesi di suor Usselmann: nell’ultimo “Video del Papa” (bit.ly/4ldmP15), la cui uscita in piena Quaresima non credo sia casuale, chiede di pregare «perché l’uso delle nuove tecnologie non sostituisca le relazioni umane», e identifica ripetutamente tali tecnologie con gli «schermi», che ci fanno dimenticare «che dietro ci sono persone reali che respirano, ridono e piangono». Un’osservazione che il 25 marzo è stata sviluppata anche da Alessandro D’Avenia nella puntata n. 238 del suo “Ultimo banco” (bit.ly/41SHpfw), intitolata “All’altezza”. Con il suo peculiare stile vi narra l’«esercizio di stupore» che si può compiere se, in metropolitana, si alzano gli occhi dallo schermo del cellulare. Tornando al “Video del Papa”, la scheda-stampa che accompagna la diffusione sottolinea che il tema ci riguarda tutti «soprattutto a causa della vasta diffusione dei social network e del rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale». È la terza volta in oltre otto anni che l’intenzione di preghiera mensile affidata da Francesco a questi video, la cui circolazione è opera della “Rete mondiale di preghiera del Papa”, ha per oggetto le tecnologie informatiche, riflettendo l’approccio né apocalittico né integrato che si riscontra in tutto il magistero bergogliano su questi temi, e in particolare quando li affronta rivolto alle giovani generazioni.
L’esodo (solo) da Facebook
Non ha sicuramente e ovviamente a che fare con la Quaresima la decisione di Peter Ciaccio, «teologo pop e pastore della Chiesa evangelica valdese - Unione delle Chiese metodiste e valdesi», di congedarsi da Facebook (profilo personale e pagina pubblica, poco meno di 4mila follower in tutto) in maniera permanente e non solo temporanea. Non è la prima volta che mi capita di registrare l’uscita della Rete, o da alcuni dei suoi luoghi più frequentati, di un autore o autrice che vi incontravo con piacere. Qui ci sono almeno due peculiarità. La prima è che la radicale presa di distanza non riguarda, almeno per il momento, tutti i social, ma solo Facebook, quello che ne viene considerato il capostipite; rimangono attivi gli account di Peter Ciaccio su Instagram e su Linkedin, oltre a quello sul «social dei film» Letterboxd, al quale l’autore auspica un’iscrizione di massa. Per indirizzare chi vorrà continuare a leggerlo online c’è il profilo @peterciaccio sull’utile Linktree (bit.ly/3QX740r). La seconda è che la chiusura è stata argomentata, a partire dal 22 marzo (bit.ly/3FN1ECS), in dieci lunghi post che certo non meritano l’oblio al quale il suo autore li condannerà nel momento in cui renderà operativa la chiusura. Farei torto a Ciaccio provando a sintetizzarli: si tratta di un lucido flusso di coscienza, illustrato come solo un fine cinefilo poteva fare, fatto di valutazioni mediaetiche e politiche sul fenomeno Facebook – tanto dal lato del suo editore quanto da quello dei suoi utenti – e sottolineature personali, anche molto private. Merita il ringraziamento unanime con il quale i follower l’hanno commentato.
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