Non solo vino e non solo cibo, e non solo una cultura alimentare millenaria, ma anche paesaggio, un importante paesaggio. Quando si pensa al patrimonio agroalimentare italiano occorre pensare in grande. Ed è bene farlo, ogni tanto. Partendo anche da aspetti inusuali come, per esempio, dai quasi 4.300 alberi monumentali che segnano tutto il territorio del Paese.: elementi fondanti di un paesaggio produttivo costruito in secoli di lavoro.
Alberi che sono monumenti, dunque, di cui esiste un elenco custodito dal ministero dell’Agricoltura recentemente aggiornato con 320 nuovi ingressi. Si tratta di alberi, oppure di “sistemi omogenei di alberi” come tecnicamente occorre dire, che costituiscono non solo segni unici del paesaggio, ma anche mete di visita, testimonianze di passaggi di civiltà, segnali di continuità della natura. Per la cronaca tra i nuovi entrati nell’elenco c’è un acero (a Caronia, provincia di Messina) che vive da circa mille anni e che ha una chioma che si estende per 550 m²; mentre tra i campioni in altezza c’è un platano (ad Agliè, in Piemonte) alto 55 metri.
Segnali - questi alberi - che vanno di pari passo con altri primati del sistema agricolo e alimentare italiano, dal forte significato culturale e storico, ma anche economico, sui quali, in qualche modo, si è basata la trasformazione (profonda) del fare agricoltura in Italia: dalla importante ma semplice produzione di cibo, alla produzione di benessere, di attività plurime, di turismo e di buon vivere. Attività che hanno ricadute economiche notevoli e ormai insostituibili. Per capire, basta ricordare i numeri più recenti dell’economia dell’agroalimentare nazionale: 580 miliardi di euro nella filiera allargata, la “prima ricchezza dell’Italia nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi e alla crisi scatenata dalla guerra in Ucraina”. Qualcosa che, sempre tradotto in numeri, significa quattro milioni di posti di lavoro, circa 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila attività collegate alla ristorazione. Un sistema che, andando davvero oltre i problemi, sembra crescere senza sosta. Coldiretti qualche giorno fa ha fatto notare come, in controtendenza rispetto all’andamento generale, il fatturato dell’industria alimentare nello scorso luglio sia cresciuto del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Certo, è necessario tenere conto dell’inflazione, ma l’aumento del giro d’affari della trasformazione alimentare nazionale è un altro indice di vitalità che non può passare inosservato. Così come non deve essere dimenticato l’aumento del 7%, nei primi sei mesi dell’anno, delle esportazioni agroalimentari in tutto il mondo. E senza dire del giro d’affari, altrettanto importante, delle attività legate all’agriturismo. Segnali - dagli alberi alle esportazioni -, che fanno davvero tutti parte di un “sistema” complesso, resiliente, con molti problemi ma assolutamente unico.
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