Che cosa c'è dietro alla marcia dei 60 mila, in sostanza piccoli commercianti che martedì scorso hanno manifestato a Roma per denunciare una situazione d'impasse che non ha mai avuto precedenti nella storia del nostro Paese? C'è il tramonto, lento e per certi aspetti inesorabile, di un modello rappresentato dal piccolo negozio che, soprattutto in periferia, rappresentava un punto di riferimento. Nel primo dopoguerra, questo, era il forno turnario che già si stava trasformando nel negozio degli alimentari. Ed era il simbolo di un commercio umanizzante, quasi di un servizio, che oggi rischia di sparire sotto il peso degli alti affitti nelle grandi città oppure delle catene di discount che fanno una concorrenza impossibile al vecchio negozio che si raggiungeva a piedi. In America, questa tendenza la chiamano "food deserts", e sta ad indicare le aree più povere del Paese che vengono private di uno spaccio di prodotti alimentari freschi. I segnali di questa desertificazione anche in Italia sono più che evidenti: i negozi di generi alimentari, in una città come Milano, in centro, stanno scomparendo: solo chi ha prodotti ad alto valore aggiunto riesce a reggere affitti che non sono più in linea con la congiuntura. E il pane è a basso valore aggiunto. Anche i McDonald's hanno iniziato a lasciare i centri prestigiosi: un motivo ci dovrà essere. Nei paesi, invece, i negozi subiscono l'avvento della mobilità, per cui anche la signora di una certa età oggi trova un passaggio per andare a fare spesa nel paese vicino, dove hanno aperto un discount che è più conveniente del negozio dietro casa. Eppure, tutto questo rappresenta un impoverimento senza precedenti se pensiamo al valore sociale di una luce accesa dentro a un paese, che anche inconsapevolmente garantiva un certo controllo sociale. L'altro aspetto inquietante è l'acquisizione di negozi da parte di proprietari di altri Paesi e culture. E i cinesi sono in prima fila in questa rincorsa, nelle grandi città come in periferia. È tutto perduto? Non tutto, se pensiamo che qualche negozio ha fatto leva su una gamba del marketing che non è il prezzo, ma la distinzione, la qualità. Come avrebbe potuto coesistere, del resto, un sistema di piccoli negozi e di grande distribuzione con l'offerta di medesimi marchi a prezzi diversi? Il panettiere che fa il pane con una certa farina, il negozio di alimentari che propone l'insalata russa eccellente e il macellaio che propone la carne a filiera corta non solo resistono, ma riescono persino ad ampliare la propria clientela. Nel nome dell'unicità, che in questo Paese è una faccenda al plurale. Una sana scommessa, che merita di essere fatta.
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