Quando riusciremo ad uscire dalla tragica emergenza sanitaria in corso, non saremo costretti soltanto a contare morti e macerie economiche, sociali e psicologiche. La straordinaria capacità di adattamento degli esseri umani, alla base della nostra millenaria evoluzione, determinerà infatti anche una serie di salti in avanti. Tra quelli legati allo sviluppo della tecnologia, ce ne sarà uno particolarmente significativo per l'Italia: la sostanziale "scoperta" delle modalità di formazione e di apprendimento a distanza, in un Paese che finora non ha mai creduto davvero in questa nuova frontiera del web.
È troppo presto per avere dati attendibili. Ma è facile prevedere che a breve le statistiche registreranno un boom dell'e-learning sui diversi fronti d'ingaggio, da quello istituzionale della didattica on line predisposta dal sistema accademico e scolastico a quello più marcatamente commerciale delle competenze e delle esperienze offerte a tutti dalle piattaforme specializzate. Perché la chiusura forzata di scuole e atenei e l'impossibilità di frequentare luoghi ed eventi esterni sta generando una "opportunità culturale", in un Paese (purtroppo) abituato spesso ad innovarsi sulla base di vincoli esterni.
L'utilizzo dell'e-learning sta diventando un'esperienza innovativa e coinvolgente per molte famiglie italiane, in queste settimane: moltissime Università e numerose scuole sono riuscite infatti a non fermare le lezioni, offrendo ai loro allievi forme di didattica on line. È una piccola grande rivoluzione in un Paese che si colloca solo al quattordicesimo posto nella classifica europea di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI), che ha sempre "diffidato" di ciò che non fosse legato all'apprendimento tradizionale in aula e che più in generale mostra un'oggettiva difficoltà a riconoscere alle competenze il loro giusto valore.
La rivoluzione dell'e-learning non offre solo nuove opportunità ad una platea più ampia di allievi, consentendo di superare ostacoli geografici ed economici. Può anche migliorare la qualità media della formazione dei docenti, perché li costringe a ripensare i loro contenuti in chiave iper-testuale e cross-mediale. È una sfida che non abbiamo voluto, ma che sarebbe un grave errore per gli italiani non cogliere al volo.
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