sabato 6 novembre 2021
Quando arrivo alle ultime righe delle mie pagine, in fondo mi chiedo per chi le fai; non per me stessa, per dare un senso al lungo silenzio delle ore, ma per aiutare altri a superare il vuoto di certe giornate dove, una volta finito il giornale, non resta che guardare fuori dalla finestra il grigio del cielo. Il vuoto? Ti pare che la tua vita abbia più vuoto che sostanze da mantenere? Oggetti da conoscere, gente da aiutare, libri da leggere, una nuova lingua da capire, ora che il mondo sembra allargato all'infinito? Ora che la biblioteca è quasi in casa tua o nella scuola, non sai quanto sia più facile leggere e tradurre i famosi testi greci come succedeva a noi un tempo. Accompagnare amiche europee vedere, se abiti a Roma, quello che ci hanno lasciato i secoli passati e, scherzando, camminare ancora tra gli antichi ruderi dove la storia ha lasciato battaglie, armi dai colori ancora brillanti al sole e se hai fantasia, grida di vittoria e di morte. Perché non sai mantenere quel senso che forse pare costruito nel vuoto, ma carico di pensieri positivi, di atti che aspettano solo un tuo momento di volontà per accendere tra le onde di quel mare mai fermo il tuo desiderio di partire? Cosa ti avviene quando d'improvviso sei stanca? Nelle vacanze cosa hai perduto? Cosa hai lasciato tra le onde di quel mare mai fermo, e tra le sue schiume bianche? Cosa hai dimenticato nei boschi d'abeti dove il vento ti spettinava le trecce? C'erano le vecchie fate nascoste tra i funghi rossi velenosi che fuggivano al rumore dei tuoi passi. Che profumo tra l'erba umida e quei fiori gialli di cui avevi dimenticato il nome e quel leggero saltare dell'acqua tra un sasso e l'altro. Un coniglio dall'espressione curiosa mi guardò, poi visto che ero grande, ma priva di denti e di unghie feroci mi superò con un salto e riprese il bosco. Lontano, molto lontano sembrava quel mare che respirava con le onde alte e scure che non si potevano toccare. Avevi creduto di godere un tempo di vacanze infinito, di avere per sempre il tuo sogno di una notte bambina quando niente finisce nel pianto, ma sempre nella speranza. Allora rivoltai il cuscino credendo che i sogni si possono riprendere diversi, con gioia, serenità nuova e amore per una vita da ricostruire con coraggio e volontà. Ma che delusione quando anche dall'altra parte il mio cuscino era bianco e non aveva le nuvole colorate dei miei pensieri. Come fare, chi chiamare in aiuto? Forse l'unica cosa giusta, mi disse quasi con una voce silenziosa, è qualcuno fino allora nascosto davvero tra le nuvole e che pensa a chi è solo, a chi non ha niente, a coloro che sono nel dolore senza aiuto, a chi non ha speranza, a chi non conosce l'amore dell'uomo e l'amore di Dio. Pensa a chi ha perduto l'amore per la terra, per le sue piante, per il profumo del suo mare. E senti ancora dentro di te la dolcezza del colore del cielo quando apri le braccia a chi piange e non lo dimenticherai più.
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