Ogni 13 dicembre mi viene in mente “Santa Lucia” di Francesco De Gregori. E quella frase strana, sospesa in fondo alla canzone: «il violino dei poveri è una barca sfondata…». Ci penso, ma non ne vengo a capo. E mi arrabbio con me stesso, perché quella è una canzone con un testo splendido. E perché a volte hai bisogno di dire qualcosa, ma le parole non bastano. De Gregori l’ha cantato quel qualcosa: «Santa Lucia, per tutti quelli che hanno occhi. E un cuore che non basta agli occhi. E per la tranquillità di chi va per mare. E per ogni lacrima sul tuo vestito. Per chi non ha capito. Santa Lucia per chi beve di notte. E di notte muore, e di notte legge. E cade sul suo ultimo metro. Per gli amici che vanno, e ritornano indietro. E hanno perduto l’anima e le ali. Per le persone facili, che non hanno dubbi mai. Per la nostra corona di stelle e di spine. E la nostra paura del buio e della fantasia…».
Però non siamo tutti cantautori, così non siamo sempre capaci di dire ciò che pensiamo, e neanche ciò che vorremmo che gli altri sapessero che stiamo pensando. Ecco perché «Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata. E un ragazzino al secondo piano che canta, ride. E stona, perché vada lontano. Fa che gli sia dolce anche la pioggia delle scarpe. Anche la solitudine…». Forse non c’è bisogno di capire. Basta ascoltare.
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