Il vino è ormai un prodotto globale per davvero. A testimoniarlo non è solo l'immagine internazionale che le migliori etichette ormai hanno acquisito, oppure la grande attenzione che i turisti stranieri hanno verso i più bei nomi dell'enologia italiana e francese così come di quelle australiana o californiana. Ormai c'è anche dell'altro. Basta pensare a quanto hanno escogitato quattro produttori statunitensi per conquistare quanti più mercati possibile: una sorta di Dop globale per tutti i vini derivanti da un determinato vitigno. L'idea è semplice e si chiama Sauvignon Republic. Si tratta di un marchio completamente incentrato su vini ottenuti da uve derivanti dal vitigno Sauvignon blanc che, però, sono allevate in territori diversi e sparsi nel mondo. Ogni vino ottenuto dalle uve dello stesso vitigno, coltivato però in ambienti diversi, ha una sua etichetta che, tuttavia, riporta anche la indicazione Sauvignon Republic. La procedura è simile a quella usata per un «cru» con la differenza ' è stato spiegato ' che il raggio di azione è decisamente più ampio rispetto a quello di un comune, una collina o una vallata. C'è già chi, infatti, ha definito il Sauvignon Republic come un «cru» su scala globale. E' così che, dal 2003 ad oggi, ogni anno viene aggiunta una nuova etichetta corrispondente a un differente territorio di produzione. E nel «portafoglio» prodotti degli inventori di questa sorta di Dop al contrario, c'è ormai di tutto: dalla prima uscita, targata Russian River Valley, California, nel 2004, si è passati a Stellenbosch, Sudafrica, per finire con Marlborough, Nuova Zelanda.Un vino globale, quindi, pur se ottenuto in territori magari lontani fra di loro e senza alcuna caratteristica in comune. Il problema è che nei programmi dei quattro statunitensi ci sono altre etichette riferite al fior fiore della vitivinicoltura mondiale come la Loira in Francia e il Friuli in Italia due delle aree che proprio sul Sauvignon hanno fondato buona parte del loro successo. E non basta, perché uno dei quattro creatori del marchio ha già parlato chiaro affermando che la loro azienda è in grado di «produrre» una nuova etichetta ogni sei mesi. Insomma, siamo davanti ad un nuovo fenomeno di mercato che deve far pensare molto anche i produttori italiani. Così come deve far meditare un altro fenomeno ' questa volta previsto ' che potrebbe toccare uno dei vini di pregio per eccellenza dell'universo enologico mondiale: il Brunello di Montalcino. Uno studio del Censis Servizi, infatti, ha previsto che da qui a pochi anni il posto di prodotto trainante per l'economia locale non sarà il vino ma il turismo che in questi anni ha raggiunto cifre da capogiro. In altre parole, non si andrà più a Montalcino per assaggiare il Brunello, ma per gustare il paesaggio, il territorio, la storia, la cultura della Toscana rurale. Ma a questo punto c'è da chiedersi se stretti fra globalizzazione e dinamiche di mercato, sia davvero questo un destino triste per uno dei settori miliardari dell'economia agroalimentare italiana e mondiale.
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