Siamo cadaveri che camminano, la clessidra dei nostri giorni residui sta esaurendo gli ultimi granelli di sabbia, addio. La nostra colpa? Mezzo bicchiere di vino a cena; un birrino con la pizza; lo spritz (senza patatine unticce). La pagina che la “Stampa” (22/1) affida alla professoressa Antonella Viola deve aver imbarazzo anche i titolisti. Il titolo interno recita: «Vi spiego perché un aperitivo accorcia la vita», il richiamo in prima è meno drastico: «Vi spiego perché un aperitivo rischia di accorciarci la vita». Quello che in prima è un rischio, a pagina 21 si trasforma in certezza. Viola muove dalla proposta irlandese di apporre etichette sulle bottiglie di birra per avvisare i consumatori della loro pericolosità. La professoressa non usa mezzi termini. Scrive ad esempio, senza condizionali: «L’alcol, qualunque tipo di alcol, anche quello contenuto nella birra o nel vino dell’aperitivo, è un cancerogeno». Punto. Premette che «questa è la posizione ufficiale della comunità scientifica che si occupa di nutrizione umana, di oncologia, di tossicologia, di patologia». Ancora: un solo bicchiere al giorno basta a far restringere il cervello. Per una curiosa coincidenza, lo stesso giorno sulla “Verità” (22/1) l’oncologo Mariano Bizzarri, intervistato da Patrizia Floder Reitter, afferma l’esatto contrario: «Studio il cancro da anni: il vino lo combatte» è il titolo in prima pagina. Cita altri studi e le sue affermazioni sembrano improntate al buon senso. Dipende da qualità e quantità. Aggiunge un paradosso: «Il basilico contiene sostanze cancerogene, ma nessuno ne mangia un chilogrammo al giorno». Intanto – è domenica – la paginona di Viola deve sollevare un discreto polverone in redazione. Così il giorno dopo la “Stampa” (23/1) pubblica ben due pagine di segno opposto: una dei grandi produttori di vino piemontesi, l’altra di Giorgio Calabrese («scrivo da medico-nutrizionista clinico»), che alla «ristretta quantità» di studi citati da Viola come posizione ufficiale della comunità scientifica ne contrappone 236.068 – con precisione sabauda – che proclamano la bontà del vino, «alimento liquido». La vera questione è l’«educazione alimentare». Intanto sulla “Verità” (23/1) Alessandro Rico denuncia la «mostrificazione dell’infermo». Scommettiamo che non è finita qua?
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