È vero, i consumi alimentari italiani sono tornati ai livelli di trent'anni fa, ma, intanto, le vendite all'estero di vini nostrani continuano a fare passi da gigante. Nel 2011, stando ai numeri definitivi resi noti qualche giorno fa, il valore dell'export di vino ha superato i 4,4 miliardi con un incremento superiore al 12% in valore rispetto al 2010 e del 9% in volume per un totale di 24 milioni di ettolitri. Numeri da capogiro, che indicano chiaramente le potenzialità del sistema agroalimentare nazionale, ma che, invece, devono essere "pesati" tenendo conto del resto dell'economia e dei mercati.Della apparente contraddizione fra consumi interni di vino (fermi a 20 milioni di ettolitri circa), e mercati esteri, certamente si parlerà in maniera diffusa nel corso dell'edizione 2012 di Vinitaly – la più importante manifestazione di settore che a Verona aprirà i battenti fra una settimana – intanto però vale la pena fissare qualche dato. Secondo gli analisti del comparto, Stati Uniti, Germania, Regno Unito continuano ad essere i nostri primi importatori in valore, rispettivamente con 948, 919 e 509 milioni di euro. La classifica cambia in termini di quantità, con Germania e Regno Unito davanti agli Stati Uniti, rispettivamente con quasi 716.000, oltre 338.600 e più di 297.300 ettolitri. Si tratta di numeri che indicano una sola cosa: il vino italiano nel mondo piace sempre di più, tanto da far meritare ai vitivinicoltori dello Stivale il primato delle vendite all'estero con una quota di mercato internazionale che oltrepassa il 20%. Un livello che, fra l'altro, potrebbe essere ancora più elevato se non vi fossero la crisi economica e una concorrenza sempre più agguerrita seppur non sempre all'altezza. Stando agli analisti del settore, invece, quella italiana è sempre di più una produzione che si sostanzia non solo in grandi nomi, ma anche in una serie nutrita di etichette medio-piccole ma di alta qualità che riescono a ricavarsi nicchie di mercati di un certo rilievo. Tutto senza dimenticare, fra l'altro, il ruolo che in questo ambito ha la cooperazione. Il sistema cooperativo, secondo Fedagri-Confcooperative, detiene infatti il 37% circa delle esportazioni per un valore di 1,6 miliardi. Circa il 40% delle cantine associate, esporta regolarmente. Certo, la quota preponderante di chi è propenso all'export è detenuta dalle cooperative di grandi e medie dimensioni; ma l'indicazione della dinamicità della cooperazione anche in questo settore è più che confermata. Con casi da manuale come quello del Prosecco, che ha aumentato del 17% la sua penetrazione negli Stati Uniti. Ma non solo. Proprio per questo vino, infatti, per tutelare meglio le denominazioni DOC e DOCG Valdobbiadene da fenomeni di imitazione e contraffazioni, i rispettivi consorzi di difesa si stanno attivando per registrare i marchi in Cina e in altri paesi nei quali mancano ancora forme di protezione. Anche questo è il segno di quanto è possibile fare, pur in un periodo di crisi.
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