Sono partiti da lontano, ormai più di dieci anni fa, Christina Pluhar e il suo ensemble multi-etnico L'Arpeggiata; inizialmente impegnati nella scoperta dei più disparati e antichi repertori popolari tra rinascimento e barocco, oggi approdano a uno dei massimi capolavori della letteratura sacra di tutti i tempi, il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi (1567-1643). Un traguardo importante, di fronte al quale è quantomai lecito chiedersi verso che direzione si stia muovendo il percorso artistico della musicista francese e che grado di maturità caratterizzi il suo approccio alla sublime musica da chiesa del "divino Claudio".
La risposta è tutta racchiusa in un'interessante registrazione discografica che lascia aperte ancora molte domande, ulteriormente risvegliate da una lettura personale e originale, di taglio "intimistico", come la stessa ha Pluhar ha spiegato in una sorta di "dichiarazione d'intenti" affidata alle note di copertina del cd (pubblicato da Virgin Classics e distribuito da Emi).
Data alle stampe nel 1610, quando Monteverdi ricopriva la carica di "Maestro della musica del Serenissimo Duca di Mantova" (e solo tre anni prima di diventare maestro di cappella della Basilica Patriarcale di San Marco a Venezia), la partitura è già di per sé articolata e complessa, rimanendo per certi versi ancora oggi avvolta dal mistero; non è infatti chiaro se sia stata concepita come corpus unitario o come raccolta di brani sparsi, per quale tipo di organico vocale e strumentale sia stata scritta e quale fosse la reale occasione liturgica della sua creazione.
L'interpretazione realizzata da Pluhar e compagni sembrerebbe orientarsi verso una dimensione maggiormente "cameristica", quasi fosse destinata all'ambiente esclusivo di una nobile cappella privata; una celebrazione che sembra smorzare i fasti sonori dei salmi per privilegiare il clima più riflessivo dei mottetti, dove emerge in toto la "nuova" consapevolezza artistica monteverdiana, mirabilmente forgiata nel campo del madrigale e in seguito sublimata nell'apoteosi dello stile concertato: l'esemplare sintesi espressiva tra prospettiva musicale e drammaturgia teatrale con cui il Vespro porta sulla ribalta di una chiesa i sentimenti di devozione per la Vergine.
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