Nella Sottile linea rossa, uno dei grandi film di Terrence Malinck, che ricostruisce la battaglia di Guadalcanal durante la seconda guerra mondiale, c'è una scena che si è incisa dentro di me come il profilo di una medaglia insabbiata: quella in cui il capitano Staros e il colonnello Tall entrano in conflitto. Il primo, un greco che nella vita civile svolge la professione di avvocato, rifiuta di mandare al massacro i suoi soldati contro le linee fortificate giapponesi e per questo viene destituito dal comando del plotone. Per spiegare la ragione di tale scelta il colonnello, che nel cimento bellico cerca un riscatto anche rispetto all'insoddisfazione di avere avuto un figlio che non ha corrisposto alle sue aspettative, mostra al subordinato le liane avvinghiate della foresta: una divora l'altra. «La natura è crudele, capitano!» E gli uomini, secondo Tall, interpretato da un magnifico Nick Nolte, dovrebbero accettarlo, anzi di più: incarnarlo. In questa battuta a contare non è tanto ciò che viene detto, un'ovvietà darwiniana, quanto il timbro emotivo presente nel suo vibrato. Come se a noi dovesse far piacere la mancanza di una risposta vitale al male umano e fossimo chiamati a sguazzarci alla maniera di pesci nell'acquario. Ma il vero coraggio è quello di chi si mette dalla parte di Staros.
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