mercoledì 21 settembre 2016
Giovedì 15 novembre 1951. Il viaggio del mercantile Veszprém, in servizio da Budapest a Vienna, su un Danubio esageratamente tumultuoso, sarà l'ultimo per il capitano Grosz, che si è arricchito trasportando perigliosamente clandestini in fuga dal regime comunista. Questa volta il clandestino è lui, che ha stipato la moglie Judit con il figlio neonato, la cognata Olga e il dottor Timor Schwarz, in un'intercapedine di un metro e sessanta di altezza e altrettanto di larghezza per settanta centimetri di profondità, ricavata tra l'armadio della sua cabina e la sala macchine. E sarà il dottor Timor, il protagonista del nuovo, intensissimo romanzo di Nicoletta Sipos, La promessa del tramonto (Garzanti, pp. 324, euro 16,90).Rannicchiato nello stambugio, con le due donne fra loro litigiose e il bimbo fin troppo silenzioso (forse è stato sedato), Timor, ebreo, ripercorre la sua vita, da quando aveva lasciato l'Ungheria per il numero chiuso alla Facoltà di medicina e si era trasferito a Torino per laurearsi, alle peripezie durante la guerra, e poi nei campi di lavoro nazisti e comunisti, fino alla decisione di raggiungere in Italia la moglie Sara e i figlioletti. Aveva lottato con le unghie e coi denti, per sposare Sara. La famiglia di lei, torinese benestante, disapprovava il legame con quel dottorino ebreo, tanto più in regime di leggi razziali. Arrivarono al punto di far espellere Timor dall'Italia, ma Sara lo raggiungerà e lo sposerà. Si erano promessi un amore eterno, e quella è la stella ha determinato la direzione della loro vita. Nicoletta Sipos, che anni addietro aveva tradotto Uno psicologo nei lager, di Viktor E. Frankl, sa bene che «chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come»; il "perché" di Frankl, internato nel lager, era la determinazione di sposare la giovanissima fidanzata, ed è lo stesso "perché" di Timor e Sara: amarsi – anima e corpo – per tutta la vita.Un romanzo d'amore, dunque, La promessa del tramonto. Sapientemente costruito in alternanza di capitoli tra l'attualità del pericoloso viaggio e i flash back sulla storia di Timor, fa vibrare il lettore all'unisono con il terrore dei clandestini che sentono i passi dell'agente di polizia che scorta la nave e il raspare del suo maledettissimo cane contro la parete che li separa dalla catastrofe; descrive, senza compiacimenti e inutili (ormai) denunce la condizione mostruosa degli ebrei nei campi di lavoro; spiega le consuetudini della famiglia di Timor, suggestive e tenere come quadri di Chagall; scolpisce i personaggi minori fino a renderli indimenticabili: il geniale e sventato fratello di Timor; i suoi genitori, uniti per la vita, che scompariranno nel campo di concentramento; la madre di Sara, intransigente ma pur sempre madre, fino alla riconciliazione e dopo... tutta una galleria di umanità che buca lo schermo della letteratura.Problematico il rapporto con la religione: nessuno è osservante, anche se Timor si è fatto cattolico per facilitare il matrimonio con Sara, e per la famiglia ebrea la religione è solo uno sfondo, pur sentito. Il dottore, peraltro, non eviterà di praticare, a malincuore, qualche aborto "terapeutico". Nonostante ciò, il romanzo è denso di valori umani, esalta la fecondità dell'amore fra uomo e donna, la solidità dei legami famigliari. E si capisce perché la trasfigurazione romanzesca conserva un sapore profondamente realistico: come spiega l'autrice nell'intervista finale, quella è la vera storia d'amore dei suoi genitori.Incontrandosi casualmente anni più tardi, in Canada, dopo l'implosione del comunismo, quando ormai la storia ha girato pagina e la loro vita si è consolidata nella libertà occidentale, Timor e il capitano Grosz condividono un dubbio: «Qualche volta mi chiedo ancora se ne è valsa la pena, o se avremmo fatto meglio a stringere i denti e restare in patria». Nel 1989 Timor scriverà: «Il gigante che ci aveva strappato le radici, annientato amicizie e speranze, distrutto il futuro, ucciso i sogni, era solo un fantoccio. Si stava sciogliendo come neve al sole. Non capivo nemmeno più perché ci aveva fatto tanta paura».Un romanzo bellissimo, da leggere per capire come i sentimenti attraversano la storia.
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