Il sole bacia la vendemmia 2013
sabato 17 agosto 2013
Potrebbe essere una buona vendemmia. In tempi ancora grami come quelli che l'economia sta vivendo, nonostante le timide previsioni di allentamento della recessione, una indicazione di questo genere fa bene non solo agli intenditori, ma anche al mercato di uno dei grandi prodotti dell'agroalimentare nostrano. Perché il vino è ancora tale, con le esportazioni che continuano a correre e a compensare così il calo dei consumi interni: secondo Assoenologi, nel 2012 nel mondo si sono venduti vini italiani per 4,7 miliardi di euro (il +6,5% rispetto al 2011); mentre nei soli primi tre mesi di quest'anno, le vendite oltre confine sono cresciute del 10%. Tutto senza contare l'indotto che il comparto anima e che vale altri miliardi di euro. Certo, i problemi non mancano nemmeno per i vitivinicoltori dello Stivale, ma non c'è dubbio che quello del vino sia ancora una dei pochi comparti che può guardare al futuro in maniera migliore che al passato. A patto di stare con i piedi per terra.Le primi indicazioni sul raccolto di quest'anno, quindi, sono guardate con attenzione e con il fiato sospeso. «Fare previsioni affidabili, ora come ora, è prematuro», si affrettano a dire gli esperti. Ma stando alle indicazioni dell'agenzia winenews.it – una delle più informate sul settore –, «a meno di improvvise sterzate meteorologiche che innalzino la temperatura proprio nel periodo di raccolta (come per esempio è accaduto nel 2006), possiamo parlare di una annata tendenzialmente fresca, e decisamente molto più fresca rispetto alla 2011 e 2012, che fa ben sperare sulla qualità». Che, detto in parole semplici, potrebbe significare una vendemmia più bella di quella del 2012. Nessuno per ora azzarda stime quantitative, ma molti parlano di una vendemmia che potrebbe essere «come minimo migliore di quella dello scorso anno» quando la quantità arrivò poco sotto i 40 milioni di ettolitri e la qualità venne classificata come "molto eterogenea" a seconda delle aree produttive. I giorni più delicati dell'anno per la vitivinicoltura nazionale, quindi, passano con gli imprenditori intenti da una parte a guardare il termometro e il cielo e, dall'altra, l'andamento dei mercati. Non è un segreto per nessuno, infatti, che se gli incassi delle esportazioni sono cresciuti, ciò è dovuto alla crescita del valore medio delle etichette commercializzate (certamente un buon indicatore), che ha però compensato la diminuzione delle quantità vendute (un dato negativo di cui tenere conto).Insomma, quello del vino è un comparto che soffre di due strabismi: uno naturale, l'altro preoccupante e innaturale. Il primo riguarda lo stretto legame fra clima e mercato, fra risultato vendemmiale e in cantina e quello delle vendite. Il secondo, concerne invece la divaricazione fra quantità vendute e valore incassato, fra prezzi in crescita per alcune etichette e quantità in diminuzione per molte altre. Si tratta di un disequilibrio difficile da mantenere e che condiziona il futuro di migliaia di imprese viticole italiane.
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