Mi immergo nella biografia di Enzo Sereni, scritta negli anni Settanta da una scrittrice israeliana, Ruth Bondy, e ora tradotta in italiano. Figlio di un noto medico romano, fratello di quell'Emilio Sereni che sarebbe diventato un importante politico comunista, Enzo si avvicinò molto giovane al sionismo e con la moglie Ada Ascarelli si trasferì nel 1927 in Palestina fondandovi un kibbutz, Givat Brenner. Fu tra i primi ebrei italiani ad emigrare in Palestina, un figlio dell'agiata borghesia che si faceva agricoltore. Enzo non lasciò tuttavia indietro i suoi studi e pur continuando a dedicarsi al suo kibbutz divenne un politico, compì molte missioni in Europa, negli Stati Uniti e in Iraq, mentre la guerra contro i nazisti si avvicinava. Nel 1944, ufficiale nell'esercito inglese, giunse nell'Italia del Sud ormai liberata, da dove si fece paracadutare in Toscana per tentare il salvataggio degli ebrei che vi si trovavano. Fu immediatamente catturato dai nazisti, fu trasferito a Dachau sotto il suo falso nome di capitano Barda e lì assassinato. La sua è la storia di un ebreo che sceglie di lasciare la diaspora e di impegnarsi nella costruzione dello Stato e poi, nel momento del rischio più alto, ritorna nella sua prima patria, mai dimenticata.
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