domenica 11 marzo 2018
«Ci mettemmo a cercare in tutto l'appartamento qualsiasi cosa con cui ci si potesse fare soldi. Ma sapevamo fin dall'inizio che non c'era più niente. Dalla macchinetta del caffè alla radio tutto sparito, venduto per bucarsi». "Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", Rizzoli, decima edizione, luglio 1982.
A questo punto non resta che una cosa da fare. Degradarsi. Disonorarsi e vendere il proprio corpo in una strada senza lampioni, per nutrirlo di veleno. Eroina e consociati. E se poi hai quattordici anni, ti metterai anche a piangere di vergogna, ma quando avrai vomitato non solo lacrime e compassione per te stesso, per la tua solitudine, nella convinzione di levarti la sporcizia di dosso, sarà troppo tardi. E cadrai ancora più a fondo.
Erano gli anni Ottanta, a Milano la più grande piazza a cielo aperto per lo spaccio di droga pesante era al Parco Lambro. Ricordo ancora, come una terribile notte dei morti viventi, quell'uomo sui venticinque anni che barcollava come un ubriaco. Aveva l'ago della siringa piantato nel braccio e biascicava parole alla ricerca di qualcuno che lo aiutasse a premere lo stantuffo. Era così conciato, che non riusciva a farlo da se. Attorno era una cornice di ragazzi e ragazze che si iniettavano l'eroina nelle caviglie, nei polpacci, con le brache calate, sotto il sole caldo del mese di agosto e gli occhi delle mamme che spingevano le carrozzine coi bebè.
«Thailandia». Così era chiamato, allora, il Parco Lambro. Ogni giorno, centinaia di «tossici» di ogni età, sesso, regione italiana, si immolavano alla dea della polvere bianca. Anni terribili, per il Bel Paese. La droga pesante si diffondeva con rapidità e ogni giorno mieteva vite.
Rogoredo. Periferia Sud-Est di Milano, sotto un cavalcavia della tangenziale, a fianco della ferrovia, in una discarica di siringhe e degrado, c'è la «Thailandia» del Terzo millennio. Eroina, cocaina, cannabis, ketamina, ecstasy, anfetamine e altre bombe sintetiche psicoattive, soddisfano una richiesta che arriva a rifornirsi fin qui da mezza Italia. Il mercato, e in numero crescente tra i giovani, è dominato prevalentemente dalle «nuove sostanze psicoattive», le nuove droghe sintetiche. Anche se si ha evidenza del consumo di eroina in soggetti di quattordici anni.
«Un fenomeno sempre più diffuso. Confesso che mai avrei immaginato di toccare con mano una realtà così forte e lo fanno con incredibile disinvoltura», ci racconta Rita Gallizzi, responsabile per gli interventi aree dipendenze per la Cooperativa lotta contro l'emarginazione. Oggi, rispetto agli anni Ottanta del Novecento, chi fa uso di droghe è in grado di mantenere un proprio controllo. Hanno un lavoro e una vita integrata. Sono capaci di gestire il «rapporto» con la sostanza, fino a quando, però, non ne diventano totalmente dipendenti.
Seppure nel consumo di sostanze stupefacenti siamo il fanalino di coda d'Europa, il fenomeno non è da sottovalutare. Solo a Milano ci sono già state almeno sette vittime per overdose, in poco più di un anno. E forse sono qualcuna di più, perché un conteggio vero nessuno lo tiene.
Sì, non siamo ancora come gli Stati Uniti, dove ogni anno per overdose da oppiacei è una strage di 64.000 tossicodipendenti. Più di tutte le vittime militari americane cadute in Vietnam, Iraq e Afghanistan. Ma forse è meglio tenere alta la guardia: visto che tutto quel che accade Oltreoceano, di solito, si riverbera anche da noi.
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