Il pesce mi è sempre interessato, non disturba e il suo silenzio mi fa più pensare a quello dello scolastico Bue Muto, che non al reticente «muto come un pesce» di malavitosa accezione. Il mio trisnonno paterno manteneva i suoi otto figli facendo il pescatore sul Ticino. Da qualche tempo ho rinverdito il rapporto, proprio dell'infanzia, con il merluzzo. Il mio merluzzo viene dal freddo, che amo, del nord oceano atlantico, sia verso la Norvegia che verso la Groenlandia. I suoi colori mi ricordano un po' quelli della divisa militare di quando ero specialista al tiro. È nel «Pranzo di Babette», film che ho rivisto più volte, che le due figlie del pastore, Martina e Filippa, preparano per i loro vecchi una zuppa con birra, stoccafisso e pane secco che mi fa venire l'acquolina in bocca. Animale evangelico per eccellenza, il pesce mi ha fatto venire l'idea di partecipare a un concorso per la costruzione di nuove chiese. Pensai ad un edificio a forma di pesce, con l'altare nella testa e l'ingresso nella coda, con un ponticello e tutt'intorno alla chiesa un fossatello ricco di pesci. La mia idea non vinse il concorso e nel libro dei progetti, l'unico stupore fu che anche un poeta avesse partecipato alla competizione. Confesso che la fissa di costruire un pesce-chiesa mi è rimasta immutata, si vedrà.
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