Non dico che Emanuele Severino sia un persecutore del genere umano. Certo però perseguita con i suoi articoli e libri tutti uguali i lettori del «Corriere della sera», chiunque abbia un po' di letture filosofiche, chiunque cerchi di capire le cose: non tutte le cose, non tutte insieme, ma una per volta e senza parlare d'altro. Non riesce a tacere un po'. Non riesce a vietarsi di riscrivere ogni sei mesi lo stesso libro. Non riesce a smettere di spiegarci che non abbiamo capito l'essenziale: cioè il suo pensiero, la sua super-filosofia o pan-filosofia, che in poche righe spiega e rispiega da capo a fondo, in ultima analisi e senza analisi, l'intera storia dell'Occidente, del mondo manifesto e di quello pensabile.
Non esagero. È Severino che esagera. Vuole essere chiaro, chiarissimo, logicissimo una volta per tutte. Ma vuole anche riscrivere. E allora confonde un po' le carte, per rendere più interessante e vagamente scombinata la sua logica di ferro.
Sul «Corriere della sera» di martedì 21 luglio Severino difende la Filosofia (la sua) dicendo che è la sola chiave per capire la crisi in corso, ogni crisi e l'idea in se stessa di crisi. Riassume per nostra comodità il suo ultimo libro e ne viene fuori un caleidoscopio concettuale involontariamente comico. Per fortuna ci viene risparmiata la solfa secondo cui l'essere è, il non essere non è, il divenire diviene. Però quanto a sintesi Severino non scherza mai. Parte dalla manifestazione del mondo, poi illumina (non tanto) il rapporto fra mente e cervello, passa quindi all'inevitabile declino di capitalismo, democrazia, comunismo, religioni e morale. Arriva infine e come sempre alla Tecnica. Dice che lo scopo della tecnica è il capitalismo e che il capitalismo ha come scopo la tecnica. Dice che le scienze non conoscono perché separano, mentre la filosofia vede unitariamente in tutto. Conclude invitandoci a «guardare al di là». Dove incontreremo di nuovo Severino, ancora!
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