II Domenica
Tempo Ordinario Anno A
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
«Viene uno che era prima di me». Vedo, con gli occhi di Giovanni, il venire infaticato di Dio. Viene verso di me, eternamente incamminato lungo il fiume dei giorni, caricandosi di tutta la lontananza; viene negli occhi dei fratelli, negli uccisi come agnelli, viene lungo quella linea di confine tra bene e male, tra morte e vita, dove ancora si gioca il tuo destino e, in te, il destino del mondo.
«Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo». Non i peccati, ma il peccato; non toglie i singoli comportamenti malati, ma guarisce " se lo accogli " la radice del cuore dove tutto ha origine.
Il peccato del mondo è una parola enorme, in cui risuonano i passi della morte. Il peccato è scegliere la morte: «io ti ho posto davanti la vita e la morte: scegli. Ma scegli la vita!» (Deut 30,19). È questo il comando originario, fontale, sorgente di tutti i comandi. Legge di Dio è che l'uomo scelga. Dio è un imperativo di libertà. Legge di Dio è che l'uomo viva. Dio è un imperativo di vita. Scegliere la vita è il comandamento che riassume in sé tutti gli altri, l'asse primordiale attorno a cui ruotano gli imperativi divini. Gesù è venuto come datore di vita, come incremento d'umano: buono è ciò che costituisce l'uomo in umanità, male ciò che lo distrugge in umanità.
«Ecco l'agnello di Dio» equivale a dire: «Ecco colui che prende su di sé la morte di tutti con la propria morte. Ecco la morte di Dio perché non ci sia più morte». Un abisso dal quale emerge la differenza cristiana: in tutte le religioni gli dèi chiedono sacrifici, Gesù sacrifica se stesso; in tutte le fedi gli dèi pretendono offerte, nel Vangelo Gesù porta in offerta la propria vita.
Nel Vangelo il peccato è presente, e tuttavia è assente; Gesù ne parla solo per dirci: è perdonato, è tolto, o almeno è perdonabile, sempre. Come Lui, il cristiano non annuncia condanne, ma testimonia il volto di Dio capace di dimenticarsi dietro una pecora smarrita, un bambino, un'adultera, capace d'amare fino a morire, fino a risorgere. Il peccato è non conoscere questo Dio, è l'ombra sul suo volto. Gesù è venuto a togliere il velo che celava e oscurava il volto di Dio. Un Dio agnello! Non l'onnipotente, ma l'ultimo nato del gregge; non il giudice supremo, ma il piccolo animale dei sacrifici. Peccare significa non accettare questa tenerezza e umiltà di Dio.
(Letture: Isaia 49,3.5-6; Salmo 39; 1 Corinzi 1,1-3; Giovanni 1,29-34)
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