In Italia esiste un lago artificiale pieno d’acqua, che però è quasi inutile perché quell’acqua non può arrivare ai campi. Paradossi dell’Italia alle prese con la gestione del bene più prezioso che esista. Dopo l’allarme dell’Anbi, l’associazione dei consorzi irrigui, sul fatto che, nonostante le grandi piogge delle ultime settimane, la siccità sia solo rimandata a settembre, si “scopre” che in Toscana esiste un bacino, costruito quasi 50 anni fa, colmo d’acqua ma quasi del tutto privo delle strutture che lo collegano ai campi. Insomma, altro che logica delle prevenzione per la gestione idrica del Paese.
A sollevare il caso della diga di Montedoglio in provincia di Arezzo ci ha pensato nuovamente l’Anbi e in particolare la sua diramazione locale. «Nel nostro territorio, che ospita l’invaso più importante dell’Italia Centrale, l’acqua non arriva ancora alle aziende agricole della Valdichiana Aretina e Senese, dove insiste un sistema produttivo importante e strutturato, che ha necessità di apporti idrici per continuare a produrre e creare ricchezza”, ha detto forte qualche giorno fa Serena Stefani, presidente del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno, seguita da Francesco Vincenzi, presidente Anbi, che ha indicato quella diga e quel bacino come «l’esempio di un Paese distratto verso l’agroalimentare».
La storia della diga di Montedoglio è esemplare. E deve far pensare. Il progetto di questo invaso è degli anni Sessanta, dieci anni dopo iniziano i lavori che si fermano effettivamente con la realizzazione della diga e quindi del lago e di una minima parte delle infrastrutture che servono per portare l’acqua al territorio circostante. Tra progetti successivi, manutenzioni, ripristini, operatività parziale degli impianti, il costo stimato di tutto è dell’ordine di centinaia di milioni di euro (dato non ufficiale ma piuttosto vicino alla realtà probabilmente per difetto). Oggi, la diga ha una capacità di invaso di circa 140 milioni di metri cubi di acqua, qualche settimana fa era piena per circa 110 milioni che, in buona parte, sono inutilizzati. Gli addetti ai lavori indicano due numeri: oggi l’acqua di Montedoglio serve circa 3.500 ettari di terreni agricoli mentre potrebbe servirne quasi 60mila. Se vi fossero le condotte per portare l’acqua.
«Quello di Montedoglio – dice Stefani –,
è un autentico paradosso, che deve essere risolto subito». Chi ascolterà? I progetti ci sarebbero già, i soldi forse, la volontà politica non si sa.
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