Fa parte del ricco patrimonio di storie di astuzia conservate nella Bibbia, quella che è raccontata nel capitolo 9 del libro di Giosuè. È una storia a modo suo commovente, poiché rivela quanto il desiderio di salvaguardare la vita sia un istinto universale del cuore umano. Ed è anche, al tempo stesso, una storia sull’intelligenza politica, l’ingegno e la sagacia necessari alla complessa diplomazia della pace. Dopo aver udito tutto quello che Giosuè aveva fatto a Gerico e ad Ai, gli abitanti di Gabaon ricorsero a un’astuzia: indossarono abiti logori, calzarono sandali ricuciti, presero sacchi sdruciti per i loro asini, otri di vino consunti, rotti e rappezzati, e andarono da Giosuè a dirgli che venivano da una terra lontana per stringere un patto di pace con lui. Giosuè rimase in dubbio, domandandosi se non si trattasse di popoli dei territori che appartenevano a Israele e con i quali, pertanto, non poteva celebrare un’alleanza. Ma essi gli mostrarono il pane che avevano con sé: «Questo è il nostro pane: caldo noi lo prendemmo come provvista dalle nostre case nel giorno in cui uscimmo per venire da voi e ora eccolo secco e ridotto in briciole» (Gs 9,12). E il patto venne stretto. Quando poi Giosuè scoprì che quei “teatranti” erano in realtà dei vicini, restò amareggiato per aver abboccato allo stratagemma, ma si era ormai impegnato nella decisione per la pace.
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: