Non s'era mai visto nulla di simile nel mondo del lavoro, prima dell'era del Covid. Le chiusure totali e parziali, la pandemia e la convivenza forzata con il virus stanno generando fenomeni nuovi e potenzialmente rivoluzionari nel rapporto tra i cittadini occidentali e la loro occupazione, prefigurando il crollo di vincoli atavici e l'affermazione di nuove inattese libertà. Colpisce, ad esempio, l'ondata in corso di dimissioni dal proprio posto di lavoro. Il fenomeno della great resiliation, nato negli Stati Uniti all'inizio di quest'anno, si è rapidamente diffuso in Europa: nel secondo trimestre 2021, in Italia, ben mezzo milione di persone ha deciso di lasciare la propria occupazione. Il cambio di vita può avere motivazioni diverse. Ma in ogni caso, il fenomeno è spiazzante. E impone di investire attenzione e risorse sul benessere dei lavoratori, sul clima aziendale e sulla conciliazione tra vita e lavoro. In questa direzione registriamo alcuni esperimenti interessanti. La multinazionale della consulenza Accenture, che in Italia ha circa 18mila dipendenti, sta sperimentando il cosiddetto easy friday: il venerdì diventa un giorno più leggero, perché nel pomeriggio sono bandite riunioni o call. A ciò si affianca un programma di coaching che aiuta a gestire lo stress, in cui è prevista la partecipazione di monaci benedettini che propongono letture spirituali e testi filosofici. Altro esempio interessante è quello di Hewlett Packard Enterprise, che ha deciso di investire sulla qualità della vita dei dipendenti prevedendo 26 settimane di congedo interamente retribuito per i neo-genitori e la possibilità di lavorare 3 ore in meno al mese per dedicarsi al benessere psico-fisico. Si tratta di un trend che investe l'intero mondo occidentale, ma che risulta particolarmente "promettente" nel nostro Paese dove si registra un livello record di insoddisfazione dei dipendenti: secondo un'indagine globale curata da Gallup, solo il 5% dei lavoratori italiani è soddisfatto del proprio lavoro. Non a caso: l'Italia risulta essere l'unico Paese europeo in cui gli stipendi sono diminuiti negli ultimi 20 anni. Abbiamo bisogno, in Italia in primis, di avviare un ripensamento profondo delle dinamiche medie del lavoro. Non è più un "lusso etico", ma una necessità indifferibile.
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