mercoledì 6 ottobre 2021
Il dolore, come l'amore, ha bisogno di poco per rivelarsi. I nostri vecchi, quando un lutto era recente, si cucivano un bottone nero alla giacca, e tu ti sentivi in diritto di chiedere cos'era stato, e come. Oggi a Parigi le famiglie delle vittime del teatro Bataclan si mettono al collo un nastrino rosso. Vanno in tribunale per il processo all'unico terrorista sopravvissuto alla strage di sei anni fa, con 90 morti uccisi a sangue freddo, in un'assurda, diabolica, carneficina. Quel nastrino vuol dire che non risponderanno ai giornalisti, chiede di non insistere, di lasciarli stare. In fondo cos'altro potrebbero aggiungere? Dei morti sappiamo storie, passioni, sogni, le hanno raccontate proprio loro che adesso chiedono il silenzio. È come se la sofferenza, a mano a mano che sedimenta scolorando i ricordi, si blindasse dentro le pareti del cuore, implorasse di non uscire più. Succede quando la ragione finisce in un labirinto senza via di fuga, quando la storia non trova risposte e l'unica cosa che ti resta è continuare a bussare alle sue porte gridando: perché? Quel nastrino, come il bottone, racconta una vicenda di morte. E i giri della mente per trovare un motivo al tanto che non capisce. Ci dice che, anche se forse un motivo non c'è, continuerà a chiedere. E a cercare.
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