venerdì 16 settembre 2022
Il nome di Riccardo Bacchelli viene oggi citato soltanto in rapporto alla legge del 1985 che assiste la vecchiaia di intellettuali di merito e non ricchi con una pensione di Stato e di cui Bacchelli fu il primo a beneficiare. E lo meritava, perché è stato un grande scrittore, forse troppo prolifico perché lo si capisse e inquadrasse, attivo soprattutto in un genere ormai poco e male e ipocritamente frequentato, quello del romanzo storico. Il ciclo del Mulino del Po (1938-1949) e Il diavolo al Pontelungo (1927, edizione definitiva 1957) meritano l'attenzione e la fama che hanno avuto in passato, anche se Gramsci disse a proposito del Diavolo che, nell'ottimo studioso leopardiano che era Bacchelli, poco di Leopardi rimaneva. Ma ne seppe apprezzare la presa di distanza dall'onda dannunziana. Il diavolo al Pontelungo fu amato anche da Mussolini, ed è forse il suo capolavoro. Mostra in azione due grandi personaggi storici, gli anarchici Bakunin e Cafiero, di fronte ai dilemmi di una rivoluzione difficile, e che alla fine lasciano il passo (assistendoli economicamente) ai socialisti Anna Kuliscioff e Andrea Costa. A quella conclusione mi fece pensare a suo tempo il bel film dei Taviani San Michele aveva un gallo, tratto peraltro da un racconto di Tolstoj, che per Bacchelli fu un incomparabile modello. C'era anche un forte personaggio di prete in quel romanzo, e ci ho pensato quando, qualche anno fa, i frati padovani del “Messaggero di Sant'Antonio” pensarono di riproporre Non ti chiamerò più padre (1959), altro romanzo storico stavolta sulla figura del mercante Bernardone messo in crisi ad Assisi dalle scelte del figlio Francesco, e mi chiesero di scriverne la prefazione. Poi non ne hanno fatto più niente, purtroppo (e spero che quest'articoletto serva di sollecito, o dia l'idea di recuperarlo a un altro editore)... Fu per me l'occasione di riscoprire Bacchelli, e ne venne anche la rilettura di diversi racconti, il più bello e noto tra i quali Il brigante di Tacca del Lupo, un'avvincente e solida storia sul Sud dopo l'Unità, da cui Pietro Germi trasse un film dallo stesso titolo, troppo sottovalutato ma raro e coraggioso. Quanti sono stati – a parte, con ottiche diverse, lo Jovine di Signora Ava e il Tomasi del Gattopardo, due capolavori… e sul fronte borbonico l'Alianello dell'Eredità della priora – a raccontare le fatiche del nostro Risorgimento, i suoi meriti e demeriti, le sue ambiguità? Insomma Bacchelli merita di venir riletto, e di venir letto da giovani non irretiti dal pettegolume generazionale (le sue opere principali sono state negli ultimi anni riproposte da Mondadori, Castelvecchi, minimum fax). Abbiamo un passato non sempre mediocre, da non dimenticare e perfino da rivendicare.
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