Il giovedì alle 21,25 su DMax (canale 52 del digitale terrestre) ha preso il via un programma un po' particolare, ma a suo modo interessante. Il titolo è Metal detective e segue le avventure di Paolo Campanardi, detto Gibba, alla ricerca di reperti storici individuati il più delle volte con il suo metal detector. La particolarità sta nel fatto che le ricerche avvengono in luoghi impervi e sono collegate ad eventi che conservano qualcosa di insoluto o addirittura di misterioso. Gibba, ovviamente, è un esperto anche perché è capo della protezione civile di Toscolano Maderno nel bresciano, oltre che stimato rifugista. Insomma, conosce i terreni, i fiumi, le montagna, è uno scalatore e un atleta. Esperti sono anche gli operatori tv che lo seguono, almeno fino a che non ritiene più opportuno procedere sa solo e affidarsi a video selfie che risultano persino più coinvolgenti. Nelle cinque puntate previste, Gibba ispeziona luoghi delle due guerre mondiali: il Monte Ragogna e il Tagliamento, Salò, Anzio e la Linea Gotica. Intanto, la prima puntata, ieri sera, è stata dedicata a una storia oggi non più molto conosciuta, quella del sottotenente Mario Fusetti, che nell'ottobre 1915 guidò l'assalto alla postazione austriaca del Sasso di Stria, sulle Dolomiti, scalando in piena notte una parete rocciosa di 200 metri. Morì eroicamente con altri commilitoni, ma il suo corpo non fu mai ritrovato, anche perché, prima di partire per la missione, lasciò scritto «che il mio povero corpo semplicemente riposi dove sono caduto». Gibba ripercorre la salita al Sasso di Stria attraverso una ferrata che porta oggi il nome del sottotenente eroe. Nel percorso individua alcuni proiettili, dei ramponi e una medaglia votiva che ritiene uno dei ritrovamenti più importanti, simbolo della fede che animava molti giovani soldati destinati a morte sicura. Alla fine, calandosi in un crepaccio innevato, trova un paio di scarponi. Che sia quella la tomba di ghiaccio del sottotenente Fusetti non è certo, però è probabile. Nella suo viaggio il conduttore enfatizza pericoli e scoperte. È il suo modo per spettacolarizzare una ricerca che comunque, nonostante qualche approssimazione storica, riesce ad affascinare il telespettatore.
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