Ho gusti molto semplici. Mi accontento sempre del meglio" Circondatemi di lusso. Al necessario posso anche rinunciare.L"ho citato qualche giorno fa e ritorno a riproporlo perché lo scrittore inglese Oscar Wilde, personaggio discutibile ma spesso acuto e sferzante nei suoi giudizi, riesce a cogliere con ironia molti vizi comuni, non di rado velati da un manto di ipocrisia. È una sorta di legge: è più facile spasimare e fin disperarsi per il superfluo che non preoccuparsi del necessario. Ricordo l"atterraggio all"aeroporto di Hong Kong quando un tempo si rasentavano col volo colline seminate di catapecchie miserabili, ma al tempo stesso si sfioravano selve di antenne e parabole televisive che popolavano quei tetti di lamiera. Certo, è comprensibile che si cerchi un simbolo di evasione o anche di opulenza come antidoto alla miseria in cui si è immersi.Tuttavia è vero anche che spesso la scala dei valori si inverte e la pubblicità subito la calca costringendo ad acquistare mille cose convincendoci che sono necessarie, mentre sono solo vane e inutili. Si pensi alle scarpe o al vestito firmato che il giovane esige a tutti i costi, anche di fronte a una situazione familiare economicamente difficile, perché quel capo è diventato una necessità falsa ma codificata nella comune accezione e convivenza. C"è, però, un"altra e antitetica applicazione morale possibile per la prima frase ironica di Wilde. Il meglio, infatti, nel mondo dello spirito è effettivamente la realtà più semplice e necessaria. Di sua natura la spiritualità tende al massimo, alla perfezione ed è per questo che non ci si deve mai accontentare del minimo, pena la depressione dell"anima e dell"autentica vitalità interiore.
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