Non si era mai visto tanto entusiasmo nei bambini per il rientro a scuola. Quelle appena terminate in Guinea Conakry non sono state delle vacanze normali, nonostante si sia cercato di presentarle ai piccoli in tale luce. Per cinque infiniti mesi le aule di tutto il Paese sono rimaste deserte e gli istituti sprangati a causa di ebola. L'epidemia ha paralizzato l'Africa occidentale e la chiusura delle scuole è stato il segno più visibile della normalità perduta. Per cinque milioni di bambini e adolescenti, il tempo ha smesso di colpo di essere scandito da lezioni, compiti, interrogazioni, chiacchiere durante l'intervallo. I ragazzini – anche quelli non colpiti dal virus – sono precipitati in un'estenuante quarantena nell'attesa infinita di sapere se e quando la malattia avrebbe deciso di irrompere nella loro famiglia. Allo stress psicologico, si aggiungevano le conseguenze sulla formazione, ancor più gravi in una nazione dove poco più della metà dei bimbi riceve un'istruzione.
L'emergenza non è finita: ebola continua a uccidere. Il contagio, però, è drasticamente diminuito: il numero di casi nelle ultime settimane è il più basso da agosto, secondo quanto annunciato dalle Nazioni Unite. La Guinea ha voluto celebrare l'inizio di un faticoso ritorno alla vita con la riapertura delle scuole. Certo «è fondamentale ridurre i pericoli di trasmissione del virus al minimo», ha ricordato Peter Salama, coordinatore dell'emergenza ebola di Unicef. Da qui l'intensificazione dei controlli e della sensibilizzazione su alunni e insegnanti, realizzata da governo e Unicef. Ed è solo l'inizio: a breve, se la diffusione continuerà a calare, anche in Liberia e Sierra Leone (ri)suonerà la campanella.
Lucia Capuzzi
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